domenica 28 aprile 2024

A SCUOLA DI DEMOCRAZIA?

Nel mio Istituto, il "Marie Curie/Piero Sraffa" di Milano, è sempre stato osteggiato il diritto di assemblea degli studenti, soprattutto per quanto riguarda le Assemblee d'Istituto.  Spesso ho l'impressione di essere l'unico, tra i 175 insegnanti della scuola, a ricordare i decreti delegati del 1974 e la possibilità di richiedere un'assemblea di classe e una d'istituto al mese. Come sono l'unico a far notare che i decreti delegati ammettono la possibilità che l'Assemblea d'istituto sia richiesta da almeno un decimo degli studenti della scuola (quindi circa 150, essendo quasi 1.500 in tutto).

Succede addirittura che la scuola non voglia concedere l'Assemblea d'Istituto, come è accaduto a febbraio. In quel caso ho dovuto intervenire personalmente, accompagnando gli studenti in segreteria e rimanendo finché non fosse stata concessa l'Assemblea. Ma anche in tale occasione il diritto degli studenti non è stato rispettato, in quanto gli studenti avevano chiesto, come data, il 28 febbraio, mentre, non sia sa bene perché, l'istituto ha concesso l'Assemblea il 6 marzo. O meglio, si può ipotizzare un perché, in quanto in tal modo non è stata concessa l'Assemblea di febbraio e quindi gli studenti hanno perso le ore di una mattinata destinate a tale riunione, perché i decreti delegati non ammettono che le ore siano cumulabili.

Ma non è finita qui: l'ultima decisione, presa dalla presidenza, è stata quella di convocare, alla fine del mese di aprile, il Comitato Studentesco in Aula Magna e poi di indire delle "Assemblee straordinarie" classe per classe, facendo svolgere le riunioni ciascuno nella propria aula.

Non mi risulta che sia possibile indire assemblee di classe straordinarie, come mi risulta che le stesse assemblee debbano essere richieste dai rappresentanti degli studenti piuttosto che dalla presidenza.

Non indire l'Assemblea di tutti gli studenti significa impedire il confronto e i dibattito tra le ragazze e i ragazzi di tutta la scuola e quindi si concretizza in una diminuzione di democrazia all'interno dell'Istituto.

E che dire dell'ordine del giorno di tali assemblee straordinarie? Era un "sondaggio" sui pro e contro della "riforma" dell'anno prossimo, sondaggio che avrebbe potuto (e dovuto) essere svolto in altro modo, non utilizzando le ore per l'Assemblea degli studenti, che appunto deve essere richiesta dagli studenti stessi per parlare degli argomenti che decidono loro.

prof. Pietro Marinelli, insegnante di quello che una volta era il diritto

venerdì 26 aprile 2024

Il Regno Unito deporta i richiedenti asilo?

 Il Regno Unito deporta decine di migliaia di rifugiati nel Rwanda in guerra col Congo

 Nel silenzio e nell’acquiescenza generali, il Regno Unito ha iniziato a deportare i richiedenti asilo presenti nel proprio territorio nazionale nel Rwanda, mentre la tensione fra il piccolo stato africano e la confinante Repubblica Democratica del Congo sale alle stelle, con  lo spiegamento in territorio congolese di 3000 soldati rwandesi armati di droni, lanciagranate e mezzi pesanti.

 L’analista Stephanie Wolters, dell’Istituto Sudafricano di Affari Internazionali, ha dichiarato: “Non siamo mai stati così vicini alla guerra aperta fra il Rwanda e il Congo”. Ad aggravare il contesto, il 29 febbraio è cominciato il ritiro della Monuc dal Congo: la più antica, costosa e sostanzialmente inefficace missione di peace-keeping ONU del mondo, che ad ogni modo costituiva un minimo diaframma, più diplomatico che reale, di deterrenza e contenimento di una violenza già endemica.

 L’accordo fra Regno Unito e Rwanda è stato ratificato nel dicembre 2023, ma l’annuncio del trattato, le negoziazioni e una prima deportazione di richiedenti asilo risalgono all’aprile del 2022. Il Segretario di Stato inglese James Cleverly ha dichiarato che “il Rwanda è un paese sicuro”.

 Una delle clausole del trattato, che risuona persino irridente, riguarda il divieto imposto a Kigali di non inviare i richiedenti asilo verso “paesi non sicuri”. Il tutto mentre la tensione, storicamente alta, con il Congo sta per esplodere nell’ennesima guerra regionale, dalle conseguenze imprevedibili considerato il contesto geopolitico incandescente.

 Louis Gitinywa, analista politico rwandese, parla senza mezzi termini di “brutale manifestazione di neo-colonialismo ed imperialismo occidentale”. La parte economica dell’accordo prevede un versamento di circa 300 milioni di dollari nei prossimi cinque anni. Secondo il reporter della BBC Dominic Casciani, l’accordo dovrebbe interessare la deportazione di 52.000 persone, senza troppi riguardi nei confronti dell’origine dei rifugiati.

 Tre considerazioni personali. La prima di ordine storico: a quanto pare, dopo la dichiarazione di Balfour del 1917 all’origine del conflitto israelo-palestinese che vive in questi mesi il suo episodio più tragico, la Corona inglese non perde il vizio di considerare il resto del mondo, e nel caso specifico l’Africa, una sorta di “terra di nessuno”, o per dirla più crudamente una discarica nella quale si possono deportare con assoluta non-chalance popoli o, alla bisogna, masse enormi di disgraziati. Disgraziati che non di rado lo sono proprio grazie a politiche, anche belliche, dissennate messe a terra dall’Occidente liberale.

 A margine, bisogna notare che i deportati non sono tecnicamente dei clandestini, ma appunto dei richiedenti asilo: uno status giuridico molto preciso, violando il quale il Regno Unito si macchierebbe di un reato internazionale molto grave. Nel caso di una richiesta d’asilo, si tratta di stabilire se il richiedente abbia diritto o meno. La deportazione in un paese terzo – nemmeno quello di origine, nel qual caso si dovrebbe parlare di rimpatrio – è una clamorosa violazione dei diritti del richiedente, e persino di quelli di un clandestino.

 La seconda. Data la situazione ormai deteriorata fra Congo e Rwanda, non è improbabile che questi richiedenti asilo siano impiegati come carne da cannone dal regime di Kagame, che attualmente dispone di circa 33.000 effettivi. Essendo il 90% di questi rifugiati deportati uomini in età militare, la maggior parte di loro potrebbero ingrossare le fila non tanto dell’RDF, l’esercito regolare rwandese, quanto quelle degli oltre 120 gruppi di “ribelli” che insanguinano l’Ituri, il Nord e il Sud Kivu, le tre regioni orientali del Congo fra le più ricche di minerali preziosi, fra i come il litio, il cobalto, il coltan e le terre rare, materie prime indispensabili per la transizione elettrica e digitale sulla quale l’Occidente pare aver puntato le sue fiches residue.

 La terza. È plausibile che la parte occulta di questo accordo riguardi proprio il traffico illecito di questi minerali. Russia e Cina, che possiedono o controllano i maggiori giacimenti mondiali di queste risorse chiave – la Cina si è affrettata a stipulare accordi minerari con l’Afghanistan tornato sotto il controllo talebano dopo la fuga americana – sono state proditoriamente rese ostili, dunque lo sfruttamento del Congo diventa un obiettivo primario se l’Occidente vuole mantenere i propri obiettivi politici ed industriali. Il Rwanda pacificato, diventato rapidamente un centro d’interessi anglo-americano (coi francesi confinati nello scomodo ruolo di responsabili del genocidio rwandese) funziona da decenni come borsa nera dei minerali trafugati in Congo.

 Il Congo da parte sua conta circa 350.000 effettivi regolari, mal pagati e peggio armati dispersi in un territorio incontrollabile. Per quanto meglio armato, l’esercito rwandese rimane – o meglio: rimaneva – troppo esiguo per impensierire il gigante africano.

 Questa vergognosa  iniziativa iniziativa inglese può provocare, nel giro di qualche mese, un brusco innalzamento del livello dello scontro, rafforzando il saccheggio del Congo e causando un aumento esponenziale delle violenze contro la popolazione civile, già stremata da decenni di violenze nella sostanziale indifferenza non soltanto della comunità internazionale, ma dello stesso establishment congolese, con il presidente appena rieletto Tshisekedi accusato apertamente di aver sottoscritto un accordo segreto col suo omologo rwandese Paul Kagame.

 Questo pessimo trattato fra il Regno Unito e il Rwanda verrà ricordato come un caso da manuale di perversione politica e diplomatica, con evidenti aspetti criminali e riflessi potenzialmente catastrofici.

Pluto

giovedì 25 aprile 2024

A proposito del 25 aprile...

Oggi, 25 aprile 2024, sono a casa da scuola: è festa nazionale e inoltre il mio Istituto ha dato ben sette giorni di sospensione delle lezioni, fino al 1* maggio, festa del lavoro. La prima riflessione che mi viene da fare è come siano tenute in considerazione le cosiddette feste laiche, sia il 25 aprile che il 1* maggio (e poi arriverà il 2 giugno, festa delle Repubblica), tanto da dare più giorni di vacanza addirittura rispetto alla Pasqua, dove ne abbiamo avuti sei! Evidentemente lo Stato italiano, più laicista che laico, ritiene che siano da valorizzare i “pilastri ideologici” della Repubblica nata dalle ceneri del fascismo, piuttosto delle ricorrenze religiose cattoliche che fanno parte della tradizione del nostro Paese!

Infatti sono state abolite ben cinque festività religiose cattoliche, che avevano una cadenza infrasettimanale, spostandole alla domenica: L’Epifania, san Giuseppe, l’Ascensione, il Corpus Domini e i santi Pietro e Paolo! Si dirà: però è stata reintrodotta l’Epifania nel 1985, in applicazione del nuovo Concordato (quello tra Craxi e Casaroli) e, per la città di Roma, la festa dei santi Pietro e Paolo! C’è stata una proposta di legge, presentata il 22 aprile 2015, per il ripristino delle festività cattoliche soppresse, ma a tutt’oggi non mi risulta sia stata approvata (e sono passati nove anni!).

Ma perché dico queste cose? Perché le feste “laiche”, come il 25 aprile, il 1* maggio, il 2 giugno, sono i “capisaldi” della narrazione dominante che cerca disperatamente di legittimare un potere instauratosi per decisioni esterne più che per volontà nazionale. Ciò viene infatti confermato dalla solita tiritera degli alfieri del pensiero unico, che snocciolano i triti luoghi comuni sull’antifascismo, sulla vittoria dei partigiani, e si chiedono se avremmo preferito che vincessero i costruttori delle camere a gas piuttosto che i portatori della democrazia liberale! Naturalmente per tali “storici” occorre censurare tutta una serie di notizie e dati che farebbero almeno mettere in dubbio la contrapposizione tra “buoni e cattivi” che lo zio Sam ci impone, da quando l’Italia ha dato la resa incondizionata al potere militare anglosassone! 

Questi signori non dicono mai che i capi dell’esercito italiano si sono arresi senza condizioni il 3 settembre 1943, con gli “accordi di Cassibile”! In tale giorno i generali Giuseppe Castellano, per il Regno d’Italia, e Walter Bedell Smith, per gli Stati Uniti d’America, firmarono quello che venne chiamato “armistizio breve” o “armistizio corto”, che entrò in vigore l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio vero e proprio, firmato da Pietro Badoglio. Altro che “riscatto”, come hanno la faccia tosta di dire alcuni personaggi politici! Fu un cedimento totale, che portò poi, nel tempo, all’installazione delle 140 basi militari statunitensi e NATO attualmente presenti nel nostro Paese! E alle 90 (se non di più, perché forse che ne sono anche a Napoli) bombe atomiche ancora esistenti sul nostro territorio (ma, si sa, sono “buone”, perché sono dalla “parte giusta”, come le due bombe atomiche lanciate sulla popolazione civile di Hiroshima e Nagasaki, che causarono oltre 300.000 morti (senza contare le conseguenze delle radiazioni nel tempo).

Voi direte: ma che cosa c’entra questo col 25 aprile? Beh, anzitutto per capire che le sorti della guerra sono state decise altrove e forse l’apporto dei partigiani non è stato così decisivo come si vorrebbe far credere, e poi per capire che dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 si è svolta sul suolo italiano una guerra tra due eserciti stranieri, quello tedesco e quello degli alleati. Gli italiani non sapevano da che parte stare, in quanto gli alti comandi non davano ordini chiari e tutto l’apparato militare italiano, che non era esattamente uguale a zero, si sfasciò nel giro di una settimana. Mio padre, che aveva fatto la campagna di Russia dalla parte “sbagliata”, secondo gli storici pantofolai che non hanno mai preso in mano un fucile in vita loro, doveva nascondersi, perché era considerato un “traditore della patria”!!! E mi diceva sempre che, paradossalmente, quello che li aveva salvati era stato il comunista Palmiro Togliatti, che aveva fatto approvare l’amnistia per i cosiddetti disertori, cioè per coloro che avevano servito la Patria obbedendo agli ordini ricevuti!

Vorrei poi aggiungere un’altra riflessione: perché è stata scelta proprio la data del 25 aprile, in quanto in realtà la fine delle ostilità avvenne in momenti diversi a seconda delle zone (in alcuni casi addirittura a maggio)? La narrazione dominante sostiene che tale fosse il giorno della dichiarazione del Comitato di Liberazione Nazionale; sarà un caso, ma tale data coincide con la prima riunione dei 50 Stati che portò alla fondazione dell’ONU, l’organizzazione internazionale fortemente voluta dagli SUA (Stati Uniti d’America) per controllare il mondo intero. Che poi non ci siano riusciti, anche questo è vero, ma che continuino a fomentare guerre in tutti gli angoli del mondo è un dato di cui bisognerebbe tener conto. Io, che sono sempre stato anticomunista, ho dovuto prendere atto che, dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991, i conflitti sono aumentati esponenzialmente, l’organizzazione militare occidentale è cresciuta in maniera assurda soprattutto verso l’est europeo e gli SUA hanno contingenti militari in oltre 100 Stati del mondo, con una influenza che non si è mai verificata nella storia!

Per finire dirò, a proposito di tale “festa laica” quello che ne diceva mio padre: il 25 aprile è stato l’inizio della guerra civile in Italia, che durò praticamente fino all’entrata in vigore della Costituzione; infatti vi furono vendette ideologico-politiche, soprattutto ad opera della parte “giusta” nei confronti della parte “sbagliata”, approfittando della confusione e della situazione di incertezza e instabilità che si era venuta a creare.

 prof. Pietro Marinelli

giovedì 11 aprile 2024

LA TERRA È SOVRAPPOPOLATA?

 Se tutti gli abitanti del pianeta, 8 miliardi circa di persone, fossero messi uno affianco all'altro, ovvero 4 persone in 1 metro quadrato, l'intera umanità si collocherebbe sulla superficie della penisola istriana, circa 2,8 miliardi di metri quadrati 

Se a ogni persona nel mondo, 8 miliardi circa, venisse assegnata un'area di circa 1.000 metri quadrati, l'intera umanità starebbe sulla superficie del Brasile

Se ogni famiglia di quattro persone avesse a disposizione un'area di circa 700 metri quadrati per coltivare il proprio cibo, l'intera umanità starebbe su una superficie equivalente all'Iran

Nel 2024, si stima che nel mondo vivono circa 8 miliardi di persone. Quasi tutta la quantità di frutta e verdura necessaria ad una famiglia di quattro persone possono essere coltivate in circa 200 metri quadrati di giardino

I terreni coltivabili oggi sul pianeta coprono un'area di circa 31 milioni di chilometri quadrati

In quest'area si potrebbe coltivare una quantità di ortaggi tale da sfamare 155 miliardi di persone

Alla luce di questi calcoli, la cosiddetta sovrappopolazione di cui continuano a parlare i soliti noti, è l'ennesima fandonia, come tutto ciò che i media dominanti sostengono ormai da decenni

Se solo non fossimo governati da "gran....furbi"  ogni essere umano potrebbe vivere in pace e con acqua e cibo in abbondanza...

INCONTRO CON MONI OVADIA

Lunedì 15 aprile 2024, alle ore 20.30, presso il Teatro Caboto di via Mar Nero 10, a Milano, in zona Baggio, ci sarà un altro incontro con Salomone Ovadia detto Moni, attore, regista, musicista e grande conoscitore della cultura ebraica, sulla questione palestinese. 

Il titolo dell'evento è "SE VUOI LA PACE PREPARA LA PACE", che è la sua versione modificata del SI VIS PACEM PARA BELLUM degli antichi Romani. Moderatori saremo il prof. Sergio Barbesta e, modestamente, il sottoscritto, che lo ha già invitato nella sua scuola, l'Istituto "Marie Curie/Piero Sraffa", dove ha parlato a 250 studenti delle quinte e delle quarte.

 Per iscriversi basta spedire un e-mail all'indirizzo ilcircolodeiresistenti@gmail.com   

"Se vuoi la pace prepara la pace" - la situazione del conflitto Israelo Palestinese richiede una rapida soluzione - Cosa possiamo fare? Ne parliamo con Moni Ovadia - Teatro Caboto - 15 Apr. 2024 - Parte Prima

https://www.scenario.press/posts/14967 

Parte Seconda

https://www.scenario.press/posts/14968

Parte Terza

https://www.scenario.press/posts/14969a

Parte Quarta

https://www.scenario.press/posts/14970P

Parte Quinta

https://www.scenario.press/posts/14971

Parte Sesta - Interventi del pubblico

https://www.scenario.press/posts/14972

Parte Settima - Dibattito con il pubblico

https://www.scenario.press/posts/14973

Parte Ottava - Dibattito con il pubblico

https://www.scenario.press/posts/14974

Parte Nona - Dibattito con il pubblico

https://www.scenario.press/posts/14975

IL REATO DI "FEMMINICIDIO"

 Un DDL che discrimina. Considerazioni sul “reato di femminicidio” introdotto dal Governo Meloni con il plauso dell’Onorevole Valente del PD...