domenica 25 maggio 2025

IL CARDINAL ROBERT SARAH E LEONE XIV





Alla fine è arrivata, il 24 maggio 2025, la nomina ufficiale del Papa al Cardinal Robert Sarah come “inviato speciale” della Santa Sede, di cui si è tanto parlato in questi ultimi giorni. Sulle reti sociali si era scatenata una polemica tra chi sosteneva che fosse stata data tale nomina e chi invece affermava che fosse una notizia falsa. Se ne era parlato molto, forse troppo, perché bisognava vedere come si comporta questo Papa e che indirizzo vuole dare alla Chiesa. Nello specifico il Cardinal Sarah viene identificato come uno dei massimi esponenti dell’”ala tradizionalista” e quindi una sua nomina come “vice-Papa” sarebbe stato un chiaro segno di dove vuole indirizzare la Chiesa il nuovo Pontefice.

Prima di tutto vorrei fare alcune precisazioni: io non sono un “vaticanista”, però mi viene detto che la “carica” di “inviato speciale del Papa” non è mai esistita. Mi permetto di aggiungere che non esiste nemmeno ora. Infatti il Cardinal Sarah è stato nominato per una questione molto precisa, ossia per presiedere le celebrazioni liturgiche in occasione del 400* anniversario delle apparizioni di sant’Anna al contadino bretone Yvon Nicolazic.  Ergo, non è un “mandato generale” (per usare un termine giuridico), bensì un “mandato speciale”, in quanto riguarda solo alcuni atti ben delimitati, che si svolgeranno il 25 e 26 luglio in Francia. Ciò significa che il Papa ha nominato il cardinale guineano solo per tale missione, non come suo “vice”. In altre parole, non è il vice-Papa come può essere il vice-presidente degli Stati Uniti d’America, ma è un suo rappresentante esclusivamente per questa occasione; se poi il Papa vorrà nominarlo per altre questioni, potrà farlo, ma non mi sembra proprio che venga istituita una nuova “carica”.

Il punto è che i giornalisti nostrani, non capendo e non volendo capire nulla della realtà della Chiesa, le applicano automaticamente i criteri politici che utilizzano per le loro questioni di geo-politica. E in particolare usano come criterio discriminante la posizione verso l’Amministrazione americana attuale, rea di essersi discostata dalla linea del potere dominante. Tutte le azioni del Papa vengono lette in chiave pro o contro Trump, come se il Romano Pontefice fosse una emanazione della superpotenza americana o comunque dovesse rendere conto del suo operato ai governanti d’oltre Atlantico.

Per fare solo un esempio, mi è capitato di ascoltare un’intervista ad un “vaticanista” tra i più quotati sulle previsioni per il Conclave che avrebbe poi eletto Papa Leone XIV. Costui, prendendo spunto dall’immagine di Trump vestito da Papa (che lui aveva, giustamente, definito “una idiozia artificiale”), aveva sentenziato che la candidatura del Cardinal Prevost, da lui peraltro considerato il migliore, era stata “bruciata”. Il vaticanista sosteneva che, siccome Trump aveva fatto circolare quella immagine, non c’erano più possibilità che fosse eletto Papa un cardinale statunitense. E questo lo aveva detto dopo aver elencato tutte le ragioni positive per le quali era convinto che Prevost fosse l’uomo giusto: la sua esperienza di missionario in Perù, la sua elezione a Priore Generale degli Agostiniani, la sua nomina nel Dicastero per i Vescovi in Vaticano. Tutte queste cose, per lui, non potevano più essere prese in considerazione dai Cardinali elettori, perché Trump era apparso vestito da Papa.

Ma altre alla dipendenza dalla politica statunitense, un’altra tendenza è quella di mantenere, come se nulla fosse accaduto, la contrapposizione “conservatori-progressisti”, che viene data per scontata anche nei rapporti e nelle questioni della Chiesa. Si cerca di individuare, nelle scelte di Leone XIV, se vuole far diventare la Chiesa conservatrice oppure progressista, quasi fosse un periodo di propaganda tra il Partito Democratico e il Partito Repubblicano. Ma ciò avviene negli Stati Uniti, dove si è costantemente pressati dalle incombenze elettorali: magari nella Chiesa Cattolica la questione potrebbe essere impostata in modo diverso, ma questa ipotesi non sfiora minimamente le “menti” degli analisti vaticani, che continuano imperterriti a proferire giudizi apodittici e a lanciare sentenze inappellabili. Che poi quasi sempre vengono smentite dalla realtà dei fatti, ma guai ad ammettere di aver sbagliato!

Ciò che più mi lascia basito è la cronica incapacità di guardare gli eventi, di saper leggere ciò che accade, di cercare di capire lo svolgersi degli avvenimenti. Si glissa sui fatti e si passa immediatamente al commento, all’interpretazione, al giudizio, basato per lo più su impressioni e molto poco su conoscenze effettive.

Non essere rimasti stupiti della serietà con la quale il Collegio cardinalizio ha operato è segno di piccineria intellettuale e denota un attaccamento morboso ai propri pregiudizi.

Chi invece si apre alla realtà e la considera più importante delle proprie idee non può non essere rimasto ammirato dalla ponderatezza, dalla profondità ma anche dalla rapidità con la quale il Conclave ha eletto Leone XIV. E dalla intelligenza con la quale è stata scelta una persona che possa assicurare la continuità con la situazione precedente e nello stesso tempo ritornare ad una “sacralità” in larga parte smarrita negli ultimi dodici anni. Non solo, ma nell’aver optato per un uomo che vuole riportare la pace nel mondo e nella Chiesa, che ha nel suo motto vescovile, confermato anche da Papa, l’essere una cosa sola nell’unico Cristo. E che si conferma, ogni giorno di più, un uomo di profonda fede, incline all’ascolto e alla compartecipazione.

venerdì 9 maggio 2025

VIVA IL PAPA, LA CHIESA E' VIVA

 

                                                             


La prima considerazione che mi viene da fare subito dopo l'elezione del nuovo Papa è che, come al solito, i giornalisti, italiani e non, hanno "toppato" alla grande. Le previsioni che si concentravano su di un cardinale italiano come Piero Parolin o Matteo Zuppi sono state completamente disattese e francamente tra tutti i "papabili" non mi sembra di aver mai visto il nome di Robert Francis Prevost, che poi ha scelto il nome di Leone XIV. 

Ma anche le varie "predizioni": il Papa sarà eletto al primo scrutinio" "si chiamerà Francesco II" et similia, sembravano più aspettative che non analisi della situazione; abbiamo assistito, come sempre, a "sparate" "caxxate in libertà", e non ad un esame serio della questione. E mai che tali giornalisti ammettano di aver "ciccato" clamorosamente: insistono nel sostenere che Parolin fosse il "gran favorito". Favorito da chi? Dai salotti dei benpensanti, forse: chi abbia un minimo di conoscenza della Chiesa cattolica sa che è molto difficile che venga eletto Papa il Segretario di Stato vaticano. Generalmente i Cardinali preferiscono un uomo di esperienza pastorale, perché deve guidare la Chiesa universale ed avere quindi una visione d'insieme della realtà ecclesiale. 

E' stata saltata anche la contrapposizione "conservatori-progressisti" che tanto piace ai mezzi di comunicazione, in quanto è stato eletto un uomo che non può essere definito certo un conservatore ma nemmeno rientra nella categoria dei progressisti ad oltranza. Allora la grande stampa lo definisce "di centro", dovendo trovare a tutti i costi una classificazione politica. 

Invece i Cardinali hanno operato una scelta diversa, non politica ma ecclesiale, dando il loro voto ad un Cardinale di fede, immerso nel solco della tradizione della Chiesa e nello stesso stesso tempo aperto al dialogo. Robert Francis Prevost si è presentato alla folla riunita in piazza san Pietro vestito da Papa, con il nome di Leone XIV, che ricorda soprattutto Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, della lotta al socialismo ma anche alla massoneria, il Papa che forse più di tutti ha favorito le missioni cattoliche nel mondo intero.

I Cardinali hanno eletto un uomo che non è "etichettabile" facilmente, che sfugge alle categorizzazioni dei grandi mezzi di comunicazione, che non è "riducibile" agli schemi dei giornalisti o degli (pseudo) intellettuali di turno.

Per iniziare poi ha scelto il saluto di Gesù risorto agli apostoli riuniti nel Cenacolo: "Pace a voi!", ricordando che Dio ci ama tutti incondizionatamente; perciò ha parlato molto di pace ma come conseguenza dell'amore che Dio ha per noi, per cui anche noi dobbiamo tendere all'unità con Dio e tra di noi. Peraltro il suo motto di vescovo è "In illo uno unum": "In colui che è uno siamo uno"; siamo una cosa sola perché siamo uniti a Lui. 

Ha scelto di scrivere il discorso e di non parlare "a braccio" per pesare le parole, oggi così importanti per l'uomo che deve guidare la barca di Pietro; ha ringraziato il suo predecessore e ha parlato di ecologia e di dialogo, ma ha fatto riferimento anche alla sua storia personale di agostiniano e di missionario in Perù, facendo un breve intervento in spagnolo. Singolare che non abbia detto neanche una parola in inglese, la sua lingua materna: probabilmente perché parlava come vescovo di Roma e quindi ha utilizzato la lingua italiana.

I giornalisti lo definiscono "il primo Papa statunitense", in realtà è il meno statunitense dei Cardinali americani, essendo incardinato nella Conferenza episcopale peruviana e non in quella degli Stati Uniti d'America.

Ma ciò che più mi ha colpito è la sua fede, semplice e profonda: dalla fedeltà al carisma di sant'Agostino, alla passione per la missione in Perù, per finire con il ricordo della supplica della Madonna di Pompei e con la recita dell'Ave Maria con tutto il popolo romano.

Insomma, un ben regalo dello Spirito Santo.

venerdì 2 maggio 2025

CARA GIORGIA... O TRUMP O ZELENSKY.

 Cara Giorgia… o Trump o Zelensky.

Cara Giorgia… o Trump o Zelensky.

O la pace o la guerra. O l’Italia o Bruxelles. O la Patria o la Von der Leyen.
O Rizzo o Calenda!

Il mondo cambia.
Cambia rapidamente.
L’elezione di Trump ha portato un vento nuovo…
La disarticolazione del globalismo avanza senza sosta.

La vittoria della Russia e del fronte della resistenza all’occidente stanno facendo il resto.

Addirittura il popolo palestinese continua a lottare e a non mollare.

Anche in Italia tutti gli schemi sono saltati.

Il 25 aprile abbiamo visto nella stessa piazza bandiere rosse e quelle dell’Ucraina, bandiere “blu-stellate” dell’Unione europea e quelli che le bruciavano.
Bandiere palestinesi sfilare con quelle israeliane.

Insomma il corto circuito globalista è arrivato anche a casa nostra.

Se a sinistra stanno messi male, anche a destra ormai è derby tra chi tifa per Putin e chi per Zelensky ed il battaglione Azov.

Da tempo diciamo che la Meloni è ad una svolta.
Può essere ricordata come la più grande traditrice del popolo italiano, oppure come la più importante patriota.

Purtroppo Giorgia sembra non essere ancora in grado di capire da quale parte del campo deve stare.

Se mettersi davvero con Trump, Orban, Fico, l’AfD ed i sovranisti… e se continuare a stare con la Von der Layen, Zelensky, Tagliani ed il Ppe.

Continua a giocare di rimessa… anche sul piano delle alleanze.

Se questo Esecutivo vuole rimanere nella storia non deve cercare Azione o renziani vari, ma tagliare con i “moderati” e costruire un fronte sovranista più ampio possibile.

Cara Giorgia… o Trump o Zelensky.

O la pace o la guerra. O l’Italia o Bruxelles. O la Patria o la Von der Leyen.
O Rizzo o Calenda!

Non è più tempo di compromessi o tentennamenti.

C’è una nuova storia da scrivere ed una rivoluzione mondiale in corso…

giovedì 1 maggio 2025

NON Mi HANNO LICENZIATO

(Ancora professore, per sempre studente)


1 Maggio 2025

Si vince, si perde, si lotta.

In questo primo Maggio sento che dobbiamo tornare a costruire lo strumento che ci consente di lottare insieme, una parola che significa "Giustizia Condivisa" ovvero il Sindacato.

Per la pace, per il diritto alla vita e per la vita del diritto.
Per i palestinesi e per gli ebrei perseguitati dal governo israeliano.
Per gli ucraini usati come carne da cannone dall'Unione Europea, dalla Gran Bretagna, dalle mafie finanziarie.
Per le vittime dell'obbligo, dell'obbedienza vaccinale e della defiScienza.
Per gli studenti imbavagliati e detenuti in scatole d'amianto.
Per l'acqua nelle acquasantiere.
Per i prigionieri della rete e per i prigionieri fuori dalla rete, da Alfredo Cospito a Gianni Alemanno.
Per i desaparecidos della psichiatria, come Nuzzo e Gianini.
Per i licenziati come Stefano Putzer.
Per i nostri Marco Di Bernardino e Felice Osio, a cui le aziende non riconoscono i diritti sindacali.
Per i ricattati come tutti, come noi tutti, nella società della sorveglianza e del ricatto globale.

È di ieri la notizia che continuerò ad essere professore.
A partire da Ottobre, la scuola ha chiesto nei miei confronti una serie di sanzioni esemplari, che potevano arrivare fino al licenziamento, motivandole con le nostre lotte sindacali, dal vaccino fino all'amianto e alla Palestina.

Il Sindacato FISI mi ha difeso, e non sono stato licenziato.

L'ultima frontiera è stata il ricorso alla psichiatria, domandando ai medici del lavoro se per le nostre lotte sindacali io fossi mentalmente idoneo all'insegnamento.

Gli psichiatri mi hanno spremuto lungamente e dolorosamente, dovendo infine riconoscere la mia sanità mentale.
Ma forse hanno sbagliato.
Forse occorre essere folli per continuare a lottare, costantemente sorvegliati e ricattati, e noi lo siamo, lo fummo e lo saremo, folli d'amore.

Uniamoci perché la strada è lunga, perché la strada non c'è, perché la strada siamo noi.

Professor Studente Davide Tutino Resistenza Radicale
Sindacato FISI

IO VIVO IN UN QUARTIERE EBRAICO

  Sapevate che a Milano c’è un quartiere ebraico? Io no, onestamente, e non mi sono mai reso conto che fosse proprio la zona in cui vivevo ...