Quest'anno le assi del Piermarini risuonano della violentissima e titanica musica di Dmitrij Schostakovič, di cui corre il 50esimo anniversario della scomparsa.
Un titolo particolarissimo e di non facile ascolto per gli amanti del melodramma nostrano di Verdi o Puccini. Il primo ostacolo è linguistico poiché il libretto è in russo.
Prima di parlare di regia e cast mi sembra doveroso fare un grandissimo plauso alla magnifica orchestra della Scala che ha fatto tremare la sala con dei "fortissimo" raramente uditi con una pasta timbrica impareggiabile nei pianissimo e una ritmica eseguita alla perfezione e al limite della maniacalità ossessiva.
Va di conseguenza medesimo plauso al Maestro R. Chailly che con bacchetta efficacissima tiene le redini di questa poderosa orchestra e dei meccanismi strutturali dell'opera stessa.
Parlando invece della regia di Vasily Barchatov (lo stesso "scandaloso" regista della Turandot messa in scena al San Carlo di Napoli) , escluso il primo atto in cui era doveroso, se non necessario, creare un sentimento totale di disgusto, ribrezzo e irrecivibilità per la abbietta scena di stupro ahimè edulcorata, è abbastanza aderente drammaturgicamente al libretto.
Elegante e fredda la resa scenica di Zinovij Margolin e le luci di Alexander Sivavev che hanno ben reso le analessi volute, ma non scritte dai librettisti e dal compositore, dal regista.
Splendidi i costumi di Olga Shaishmelashvili, forse però rendono poco la gutturalità sorda e cieca della Russia zarista e del borghese arricchito ma ignorante.
Plauso a metà per i solisti. A. Rolavets produce un ricco personaggio psicologico ma un po' povero in alcun punti vocali nel suocero; Y. Akimiv invece brilla vocalmente come figlio e "marito legittimo" di Katerina con qualche problema di vibrato largo.
S. Jakubjak , la protagonista la vera Lady Macbeth, riluce di personalità data da libretto ma tende a portare indietro il suono e la pronuncia è molte volte poco intellegibile.
N. Mavljanov, Sergej amante di Katerina, brilla poco nel primo atto e per vocalità e per presenza scenica, ma dal secondo atto in poi svela le doti canore e la profondità psicologica di un "Pinkerton" qualsiasi.
Tutto il lungo reparto di comprimari ben si muove e ben canta le proprie parti in maniera puntuale e precisa.
Grande delusione per la scena madre del primo atto, lo stupro ai danni di Katerina da parte di Sergej che diventa goffo al limite del comico mentre la musica indica e incalza una violenza inaudita e difficile psicologicamente da digerire, magistralmente dipinta dall'orchestra.
Dubbi altissimi per il finale atroce che vedrebbe la protagonista e Sonetka, magistralmente interpretata dalla bronzea voce di E. Maximov, annegare ma che invece vede le due bruciate vive.
Altro grandissimo plauso al coro, egregiamente diretto dal M° A. Malazzi , vero secondo protagonista al pari dell'orchestra.
In generale un opera magnificente, cruda, abbietta, inascoltabile quindi sublime nel senso romantico e Kantiano di "orrore dilettevole" che dipinge un umanità sgomenta , paurosa di se stessa che grida, urla , il proprio dolore attraverso la furia cieca e la NON redenzione.
Orchestra, coro e direttore M° Chailly eccelsi, quasi in mistica apoteosi ma, ahimè, regia deludente per troppi dettagli e appuntamenti mancati.
Voto: 8
Elvis Zini