lunedì 19 agosto 2024

IL TORMENTONE DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

 

     Sulla Stampa di ieri è uscito un editoriale di De Romanis dal titolo: “L’Italia prigioniera del maxi-debito, ma senza crescita servono più tasse”. Ora, io purtroppo mi sono trovato ad insegnare economia politica per oltre trent’anni e mi sono francamente stancato di questo continuo “lavaggio del cervello” sul debito pubblico italiano.

Per prima cosa, è tutto da discutere che il debito pubblico sia un fattore frenante dell’economia: semmai è vero il contrario, soprattutto in periodi di crisi, come ha sempre sostenuto (e dimostrato) John Maynard Keynes. Infatti la spesa in deficit stimola la domanda globale e quindi aumenta la ricchezza nazionale: perciò è un fattore di crescita di tutta l’economia del Paese.

Certo, lo Stato si ritrova ad essere indebitato, ma è un debito in gran parte interno e comunque elemento propulsivo, perché aumenta la capacità di effettuare investimenti pubblici.

Seconda cosa: l’Italia non è “prigioniera del maxi-debito”; è prigioniera dei parametri di Maastricht, che stabiliscono il massimo del 3% del  deficit sul PIL e del 60% del debito pubblico sempre sul PIL. Parametri che sono diventati talmente assurdi che hanno richiesto una revisione della loro applicazione. Anche perché l’Italia ha il 137%, ma la Grecia il 159%, e gli altri Paesi non sono messi molto meglio: la Francia supera il 110%, Spagna e Belgio il 108%, il Portogallo il 100%.....adesso neanche più la Germania ce l’ha al disotto del 60%, essendo diminuito il suo PIL in seguito alla crisi economica.

Ma allora, di cosa stiamo parlando? Come si fa a considerare il problema del debito pubblico come una faccenda squisitamente italiana, quando ce l’hanno tutti, questo problema? Ce l’ha anche il Regno Unito, furbescamente uscito dall’Unione europea e nemmeno mai entrato dell’Euro (guarda caso). Il debito pubblico del Paese spacciato per essere capofila del liberismo, dalla stampa succube del regime globalista, si aggira anch’esso sul 100%.

E vogliamo considerare i Paesi extraeuropei? Gli alfieri dell’economia mondiale, i capitalisti Stati Uniti d’America, hanno raggiunto il loro massimo storico e si attestano intorno al 130%. Di ciò, naturalmente, non si trova alcuna traccia negli articoli dei giornalisti “atlantonti”. Singapore, il Paese più in crescita dell’Asia, arriva anch’esso al 130%.

Ma, udite udite, lo Stato che ha il debito pubblico più alto sapete qual è? Nientepopodimeno che il Giappone, che si attesta addirittura ad un 260%!!! E non mi sembra di aver mai letto su alcun quotidiano di una crisi endemica dell’economia giapponese, dovuta all’eccessivo indebitamento dello Stato.

Ma tornando a bomba, qual è il motivo per cui questi Stati, che non credo si possano definire arretrati o sottosviluppati, mantengono, anzi rafforzano, il loro debito pubblico?

Una risposta può essere cercata nell’intenzione di sviluppare l’economia attraverso appunto investimenti in infrastrutture, come strade, ponti, aeroporti, ferrovie e quant’altro. Un’altra motivazione può essere trovata nella spesa per armamenti e strutture collegate (soprattutto per gli Stati Uniti, che poi cercano di scaricarla sugli Stati loro satelliti, Italia compresa).

Un’altra possibilità potrebbe essere la volontà di migliorare il tenore di vita della popolazione con la fornitura di servizi aggiuntivi, tramite la costruzione di ospedali, scuole e mezzi di trasporto pubblici.

Per intenderci, i miei amici africani sono rimasti stupiti dalla quantità di tram, di filovie, di autobus presenti a Milano. Dicono che dalle loro parti non esistono assolutamente e la gente affitta i motorini per andare in giro, molto più delle macchine. Ci sono dappertutto i moto-bus, che saltano il traffico, sgattaiolando tra un’auto e l’altra. Nei Paesi che sono dotati di mezzi pubblici questi non coprono che una esigua parte del traffico locale.

Per fare un esempio, a Kinshasa ci saranno una cinquantina di autobus pubblici, su una popolazione di venti milioni di persone.

E’ così che la Repubblica democratica del Congo riesce ad avere solo il 16% del debito pubblico sul PIL.

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