giovedì 30 maggio 2024

PUTIN COME DOVREBBE REAGIRE

 30 maggio 2024

PUTIN COME DOVREBBE REAGIRE?

di Mario Adinolfi 

Oggi e domani a Praga i ministri degli Esteri della NATO si incontrano per discutere una questione cruciale: come avviare la più pericolosa delle guerre verso un cessate il fuoco e il negoziato di pace? No. Sul piatto c’è l’autorizzazione a Kiev per usare le armi NATO per attacchi sul territorio russo a partire dalla città di Krasnodar. Gran Bretagna, Francia, Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Olanda, Canada, Lituania, Lettonia e Estonia hanno già detto sì. Soprattutto questa è la linea del segretario generale della NATO, Stoltenberg, così come del segretario di Stato USA, Blinken. Sunak e Macron da tempo poi parlano di inviare direttamente i soldati NATO sul campo di battaglia. Ditemi voi come il “cattivo” Putin dovrebbe reagire a questi atti di ostilità militare. 

Noi abbiamo digerito per un biennio la balla dell’invio da parte dell’Italia e dell’Ue “solo di armi di difesa”. Per i primi tre mesi della guerra in Ucraina c’era chi faceva una diretta tv ogni giorno per glorificare la scelta di supportare Zelensky e mostrificare i russi. Le tv e i giornali martellavano ogni giorno su quanto fosse giusta ogni forma di russofobia, hanno cancellato addirittura il diritto per gli atleti russi e bielorussi di partecipare agli eventi sportivi con la loro bandiera, prossime Olimpiadi comprese. La stessa cosa non accade, ad esempio, per Israele e badate bene che io penso che invece nello sport nessuna bandiera debba essere ammainata, è una grande occasione di dialogo e pace. 

Comunque, l’Italia fornisce da tempo all’Ucraina missili a lunga gittata. Come cittadini non dovremmo saperlo, visto che l’elenco delle armi fornite da noi a Kiev è autorizzato dal Parlamento ma coperto da segreto di Stato. Il ministro della Difesa inglese, Grant Shapps, si è però fatto sfuggire una dichiarazione: “I missili Storm Shadow sono un’arma straordinaria. L’Inghilterra, la Francia e l’Italia forniscono queste armi per essere utilizzate nella guerra in Ucraina, soprattutto in Crimea. Sono missili che stanno davvero facendo la differenza”. Fanno la differenza perché sono missili a lunga gittata, colpiscono obiettivi a 250 km di distanza. Perfetti per devastare Krasnodar, città russa con oltre un milione di abitanti. Se dovesse accadere, lo ripeto, ditemi come dovrebbe reagire Putin.

Giorgia Meloni sa che gli italiani non sostengono l’invio di armi all’Ucraina e non vogliono fare la guerra alla Russia. Per questo ora dichiara che “bisogna evitare attacchi che provocherebbero una escalation”. Ci sono le elezioni tra 10 giorni e dunque tocca dare un colpo di freno. Ma se “bisogna evitare attacchi” perché l’Italia fornisce sistemi missilistici che servono solo ad attaccare, non certo a difendersi? 

Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, oggi ha dichiarato: “L'attuazione dei piani di dispiegamento di missili terrestri a medio e corto raggio non rimarrà senza la nostra reazione”. Il tipo di reazione la deciderà Putin, aggiunge Lavrov, inclusa la “deterrenza nucleare”. Allo stesso tempo Lavrov si è detto disposto ad “accelerare” una soluzione politica per il conflitto in Ucraina se “l’Occidente smetterà di fornire armi e Kiev cesserà le ostilità”. Quindi siamo davanti al solito bivio: Putin è come Hitler, un pazzo furioso che se lasciato fare porterà la guerra in tutta Europa? Allora bisogna fargli la guerra come la si fece a Hitler, costò ottanta milioni di morti. Oppure Putin è un nazionalista russo che vuole lo status di grande potenza e non vuole vivere sotto costante minaccia di una NATO ostile che si allarga sempre di più verso i suoi confini. Allora bisogna smettere di fornire armi e cominciare a negoziare la pace, visto che dopo due anni e mezzo è chiaro che Zelensky la guerra non la vince. 

Tutti i partiti da destra a sinistra hanno votato con questo governo o con il governo Draghi il sostegno armato alla guerra alla Russia. Credo sia il motivo principale per non votarli alle elezioni europee, specie i più ipocriti come M5S o il mitico Pd che candida Tarquinio che vuole uscire dalla NATO per poi rimbrottarlo e dire che “non è la linea del partito”. Elly Schlein ha superato con questo davvero i limiti dell’ambiguità indecente. Bisogna inviare un segnale di svolta storica all’Ue e anche per questo indico di votare per la lista Libertà che contiene il simbolo del Popolo della Famiglia, che da anni chiede la pace con una soluzione precisa ricalcata sul modello cipriota. Bisogna imboccare subito la via che noi indichiamo perché l’alternativa ormai è un conflitto mondiale che, viste anche le mosse di Xi Jinping nel Mar della Cina contro Taiwan, rischia di essere davvero dietro l’angolo.

sabato 25 maggio 2024

Avvocati e giornalisti perseguitati in Tunisia

 

Défense des migrants : des avocats et journalistes persécutés en Tunisie

 

Des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires, sont pour certains arrêtés et d’autres intimidés.

 

Le 6 mai 2024, la police a arrêté là militante antiraciste Saadia Mosbah, opposante à la hausse du racisme à l’encontre des migrants noirs et des Tunisiens noirs. Elle est une victime de la série d’arrestations visant des détracteurs du gouvernement contre le traitement déshumanisant que subit des migrants, pour la plupart originaires du sud du Sahara, ainsi que de la montée des discours xénophobes dans le pays.

Selon Amnesty International, les forces de sécurité ont multiplié des expulsions collectives illégales de réfugié(e)s et de migrant(e)s, et ont procédé à un certain nombre d’évictions forcées, et ont arrêté et condamné des propriétaires pour avoir loué des appartements à des migrants sans permis.

Des actes à l'antipode du Pacte international relatif aux droits civils et politiques, dont la Tunisie est signataire. Le pays est supposé assurer le respect et la sauvegarde des libertés d’expression, d’association et de rassemblement pacifique.

Le Bureau des droits de l’homme de l’ONU dénonce « l’intimidation et le harcèlement » dont sont victimes en Tunisie des avocats et membres des médias critiques du gouvernement et de ses politiques migratoires. Le  Haut-Commissariat des Nations Unies aux droits de l’homme, à travers son porte-parole Ravina Shamdasani, souligne que : « Les droits humains de tous les migrants doivent être protégés et les discours de haine xénophobe doivent cesser ».


Décret à problème

Depuis l’élection du président de la République Kais Saied en 2019, la situation des Droits de l’homme connaît un net recul. Après le décret promulgué en septembre 2022 pour réprimer la diffusion des « fausses nouvelles », plus de 60 personnes dont des journalistes, des avocats et des opposants ont fait l’objet d’arrestation sur la base de ce texte, selon le Syndicat des journalistes.

Le 12 mai 2024, 300 personnes se sont rassemblées à l'appel du Front du salut national (FSN), la principale coalition de l’opposition, pour demander la libération de tous les prisonniers politiques, parmi lesquels une quarantaine de militants et de hauts responsables du FSN. Les acteurs politiques ainsi que les organismes internationaux appellent à la fin de “l’État policier”.

Amnesty International, quant à elle,  demande l'ouverture d'une enquête pour s’assurer que l’État tunisien n’est pas complice de violations des droits fondamentaux des migrants et des réfugiés, ni de la répression exercée contre des médias, des avocats, des migrants et des militants.

 

Par Djimi Amadou Ahidjo

Elezioni europee: democrazia o inganno?

 Siete tutti invitati ad un incontro-dibattito coordinato da me sulle elezioni europee dell'8 e 9 giugno



venerdì 24 maggio 2024

Intervento del prof Pietro Marinelli sull'UE

 Voto o astensione - Europee 2024 - Milano, Arco della Pace - Interv. del Prof. di diritto Pietro Marinelli

"Il ruolo, le funzioni e i poteri degli organismi europei.."

dibattito pubblico sulla necessità di voto o astensione alle prossime elezioni europee.

modera Walter Monici di Scenario.press

Incontro organizzato da Scenario.press - libera espressione



#pietromarinelli #professormarinelli #elezionieuropee2024 #astensioneeuropee #votoeuropee

Iscriviti a www.scenario.press il Social contro la censura dei grossi gruppi americani e contro il silenzio dei mass-media europei.

venerdì 17 maggio 2024

VALDITARA VUOLE SILENZIARE RAIMO

 Contro Christian Raimo un procedimento disciplinare da parte di Valditara

ll Ministro della pubblica (d)istruzione ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti di Christian Raimo, che peraltro si candida alle europee per AVS, per un "post" su facebook.

Il post è il seguente:

«Un ministro dovrebbe difendere tout-court un docente minacciato da gruppi neonazisti invece di avviare un procedimento interno. E invece finisce proprio per accodarsi agli striscioni intimidatori e lasciare che gli uffici scolastici regionali vengano usati in modo esattamente contrario alla propria funzione». E poi ancora: «Mi auguro di poter archiviare in fretta come uno dei soliti scivoloni comunicativi del governo, e spero di incontrare di persona il ministro Valditara alla manifestazione del 25 aprile a Milano. È un militante della Lega, e mi sembra che il suo partito stia ritrovando la sua originaria ispirazione federalista e antifascista. Magari discuteremo dal vivo, da educatori».

Ora, a prescindere dal contenuto del messaggio, mi sembra che esso rientri assolutamente in una critica politica e non in una denigrazione o offesa della persona. Mi sembra poi che invece la linea del Ministro rientri nella scia delle censure alle espressioni del pensiero, che si fa via via più fitta e numerosa.

La differenza tra la questione del prof. Christian Raimo e la mia è che il suddetto insegnante appartiene ad una certa parte politica che controlla i mezzi di comunicazione più importanti e quindi viene difeso, come giusta mente deve essere, dalla stampa. 

Magari dovrebbero essere difesi e non subire "gogne mediatiche" anche quelli che sostengono idee e fatti scomodi al pensiero unico. O no?

prof. Pietro Marinelli

sabato 11 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 6

 Ripropongo la sesta parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La settima parte uscirà domani alle 18:30.


Elezioni europee: democrazia o inganno?

 L'8 e il 9 giugno sono indette in Italia le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, e più o meno in quei giorni si svolgeranno in tutti i 27 Paesi che attualmente fanno parte dell'Unione europea. Si voterà per i rappresentanti del proprio Stato, ovviamente: su un totale di 705 deputati (ridotti, dopo l'uscita del Regno Unito, dai 751 precedenti), l'Italia ne ha diritto a 76. 

Ma quali sono le competenze di quest'organo, peraltro unicamerale, che si riunisce a Strasburgo per le decisioni dell'aula plenaria e a Bruxelles per quelle delle Commissioni interne? Anzitutto bisogna premettere che il Parlamento europeo non approva gli atti normativi da solo, bensì con la procedura della "codecisione" unitamente al Consiglio dei Ministri dell'unione europea o Consiglio dell'unione europea. Tale secondo organo legislativo si forma volta per volta con i Ministri dei 27 Stati della materia sulla quale occorre deliberare: per esempio, se si riunisce l'Ecofin vi partecipano i 27 Ministri delle finanze dei Paesi membri dell'Unione. E il bello è che il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea non è soggetto alla sfiducia del Parlamento, per cui viene semplicemente composto grazie alle decisioni dei Governi degli Stati membri.  

Già questo è una stranezza, per un ordinamento giuridico: uno dei due organi legislativi non è eletto direttamente dal popolo, ma designato dai Governi. Non solo, ma vi sono delle procedure "speciali" diverse da quella della codecisione, per cui, per esempio, se un progetto di legge venisse approvato all'unanimità dal Consiglio dei Ministri dell'unione europea non vi sarebbe bisogno dell'approvazione da parte del Parlamento 8procedura della "cooperazione").

E vogliamo parlare dell'iniziativa di legge popolare? Qui la questione assume contorni grotteschi, per la complessità e farraginosità della procedura, che prevede che i cittadini UE chiedere alla Commissione di registrare una iniziativa legislativa e, dopo l'accoglimento della richiesta, raccogliere un milione di firme in sei mesi in almeno quattro Stati dell'Unione.

Per non parlare del fatto che le decisioni più importanti, in materia monetaria e finanziaria, sono adottate al di fuori degli organi istituzionali, cioè dalla Banca centrale europea e dal SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), che decidono sia la quantità di moneta da emettere sia il tasso di riferimento ufficiale, che influenza tutti i tassi d'interesse e quindi tutto il sistema creditizio non solo dell'area Euro ma di tutti gli Stati dell'UE.

Ma la vera perla giuridica, per quanto riguarda l'Unione europea, è contenuta, guarda un po', nel nostro atto normativo più importante e cioè proprio nella Costituzione. L'articolo 75, infatti, vieta i referendum sui Trattati internazionali. Questa è la ragione per la quale non abbiamo potuto (e non potremo mai, finché rimane questa disposizione) indire referendum sull'Euro, sulla Costituzione europea né tantomeno sull'uscita dall'Unione europea. Siamo una democrazia limitata (come, guarda caso, anche la Germania), mentre altri popoli hanno potuto esprimersi: la Francia e i Paesi Bassi hanno bocciato la Costituzione europea nel 2005, il Regno Unito addirittura è uscito dall'Unione nel 2016, anche se ci sono voluti ben cinque anni per rendere effettiva la decisione del popolo britannico.

Nessuno dice poi che il Regno Unito non è stato l'unico ad uscire da questo "monstrum" giuridico: ne uscì la Groenlandia nel 1985 con un referendum e ne uscì (udite, udite!) l'Algeria nel 1961, quando divenne indipendente, dopo la guerra di quell'anno. Infatti l'Algeria era territorio metropolitano della Francia, era territorio francese a tutti gli effetti, e fece parte della Comunità Economica Europea dal 1957 al 1961. 

venerdì 10 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 5

Ripropongo la quinta parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La sesta parte uscirà domani alle 18:30.



giovedì 9 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 4


Ripropongo la quarta parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La quinta parte uscirà domani alle 18:30



mercoledì 8 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 3

 Ripropongo la seconda parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La terza parte uscirà domani alle 18:30.




La Francia e la ricolonizzazione dell'Africa

 

Recolonisation

La France veut reconquérir l’Afrique par les armes

 

Le général François Lecointre, ancien chef d’état-major de l’armée française, planifie une intervention militaire européenne visant à reconquérir l’Afrique par les armes. Dans un contexte d’expulsion des militaires français de certains pays du Sahel : Burkina Faso, Mali et Niger, les propos du militaire retentissent comme de la provocation et suscitent une onde de colère.

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La France digère mal l’expulsion de ses militaires au Burkina Faso, au Mali et au Niger. Le pays d’Emmanuel Macron paye son échec à mettre fin au territorisme  au Burkina Faso et au Mali, et de ses accords secrets passés avec l’ancien ordre gouvernant au Niger. Plus largement, la France subit sur l’ensemble du continent  un désamour des populations africaines en raison de  sa politique favorable au pillage des ressources, et de soutien aux dictateurs entre autres. L’agacement semble profiter à la percée des chinois, des turcs et des Russes notamment.

 Face au potentiel économique que regorge l’Afrique (richesse du sol et du sous-sol), la France vit une forte concurrence même si elle y garde de gros intérêts. Sa politique néocoloniale, sous le prisme du partenariat relation Afrique-France, est aujourd'hui complètement démasquée. « Nous avons toujours essayé, nous Français, d’entraîner les Européens dans cette prise de conscience de la nécessité d’agir collectivement en Afrique et en Méditerranée. Je suis absolument désolé de voir l’échec de nos engagements au Sahel. », regrette le général François Lecointre, ancien chef d’état-major des armées françaises, dans une interview accordée au journal Le Figaro le 17 avril 2024.

Dans un ton paternaliste, l’officier qui a dirigé les troupes françaises au Gabon puis au Rwanda en 1994, soutient que l’Europe doit agir en Afrique en raison de « la destruction des appareils de gouvernement et des États », de la « guerre civile dans beaucoup de pays » et des difficultés « liées aux évolutions climatiques ». L’autre argument qu’il avance est que l’Afrique « va connaître une explosion démographique comme aucun continent n’en a jamais connu » et cela aura des « conséquences sur l’Europe » dans les dix et vingt prochaines années. « Je pense que cet intérêt commun là devrait un jour faire que l’Europe se décidera à agir comme une entité politique qui ira défendre elle-même ses intérêts, y compris par le moyen de l’engagement de ses armées », conseille le militaire avant de conclure que : « Ce n’est pas la Chine, la Russie et Wagner qui vont apporter des solutions durables aux très grandes difficultés que connaissent ces pays africains et leur population. ».

 Ces propos condescendants et irrévérencieux  provoquent un tollé au sein de l’opinion dans la classe politique africaine. Lors d’une rencontre avec ses militaires, le président burkinabè Ibrahim Traoré a donné sa lecture de cette déclaration qu'il conçoit en filigrane comme étant un message de guerre.  « Certains généraux ailleurs ont fait comprendre qu’ils viennent avec leurs armées nous recoloniser, il faut qu’ils viennent bien préparés. Préparez-vous à la guerre de haute intensité. Ssoit ils viendront eux-mêmes, soit ils passeront par leurs valets locaux qui sont ici pour essayer de troubler notre quiétude. », a-t-il avisé.

 Le président Traoré appelle son armée à se préparer  à une guerre qu’il définit comme une lutte pour l’autonomie et la souveraineté : « Vous allez commencer un nouveau cycle d’entraînement, la guerre de haute intensité c’est à vous, chers officiers militaires, de prendre ça en compte. C’est beaucoup plus que du terrorisme, c’est une guerre de décolonisation. », dénonce-t-il.

 Même son de cloches que le juriste malien Boubacar Touré, qui constate que :

« il y a un acharnement avec mépris à ne pas laisser les Africains se développer et s’épanouir selon leur réalité et leur choix (...) Pourquoi ce destin franco-européen a muté en Afrique ? Pauvre maudite Afrique, jadis où la seule évocation de ce continent rappelait injustement la misère, les maladies contagieuses et dangereuses, la désolation, la pitié, mais, qui subitement devient viable, suscitant l’appétit de la convoitise, capable d’assurer la survie des Européens qui ont adopté une politique d’immigration pour chasser et refouler les migrants noirs africains ! Sous le prétexte fallacieux qu’ils sont des illégaux. Paradoxalement, l’Europe doit planifier d’immigrer en Afrique pour l’envahir par la force militaire d’occupation. C’est ce qu’on appelle ” la morale d’État “ ».

 Calculs, stratégie, manipulation ou menace, les interrogations fusent depuis la sortie du général François Lecointre. Ses déclarations  semblent pour beaucoup d’africains, s'inscrire dans un agenda politico-militaire.

 Par Djimi Ahmadou Ahidjo

martedì 7 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 2

Ripropongo la seconda parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La terza parte uscirà domani alle 18:30.



lunedì 6 maggio 2024

Se vuoi la pace prepara la pace - incontro con Moni Ovadia, video parte 1


Ripropongo la prima parte dell'incontro con Moni Ovadia, al teatro Caboto di Milano il giorno 15 aprile 2024. Il video è disponibile anche su Rumble.

La seconda parte uscirà domani alle 18:30




 

mercoledì 1 maggio 2024

Congo: tutto quello che non vi vogliono far sapere


Riporto l’appello-denuncia della guerra infinita fra Congo e Rwanda. La situazione tra il gigante africano e il piccolo paese confinante è incandescente. Il Rwanda, protettorato angloamericano, sta depredando da decenni le risorse congolesi, causando massacri protratti della popolazione civile, che poco hanno da invidiare – si parva licet – al genocidio palestinese. 

 

Da quattro anni in Congo si parla di un accordo segreto fra l’attuale presidente congolese Felix Antoine Tshisekedi Thsilombo e il suo omologo rwandese, Paul Kagame. La notizia mi venne data da una persona molto inserita nell’establishment congolese. Le diedi un peso relativo, convincendomi in seguito che fosse ben altro che una boutade. 

 

I sospetti che aleggiano sul presidente congolese riguardano la possibilità che abbia “venduto” l’est del paese al nemico storico rwandese, e quindi all’anglosfera, autorizzando anche l’altra potenza locale, l’Uganda di Museveni, a fare man bassa di risorse strategiche. Il progetto di dividere il Congo a metà, creando un nuovo paese “dei Grandi Laghi” – seguendo la dorsale della Rift Valley africana è storia antica: la balcanizzazione del Congo è sul tavolo delle potenze coloniali da diversi decenni. Nel 2015, il governo Matata Ponyo Mapon, sotto la presidenza Kabila, procedette al decoupage delle province storiche, portandole da 11 a 26. 

 

Tshisekedi ha inoltre depauperato l’esercito che manca non soltanto di armi, ma anche di libagioni. Per lunghi mesi spesso ai soldati non viene corrisposto lo stipendio – che si aggira intorno ai 35 dollari mensili motivo per il quale spesso e volentieri si fanno al saccheggio dei villaggi e delle cooperative minerarie, consegnando poi il bottino al “pagante peggiore”, vale a dire le stesse milizie irregolari rwandesi o gruppi di “ribelli”. Queste operazioni avvengono sotto la guida di alti ufficiali, il che ha dato luogo ad una struttura piramidale di tipo feudale. 

 

L’anno scorso Tshisekedi si rese protagonista di un siparietto col presidente francese Macron, accusandolo pubblicamente di paternalismo. Erano i giorni in cui la Francia cominciava a perdere la presa su paesi come il Burkina Fazo e il Niger. Tshisekedi fu salutato come l’ennesimo leader africano che prova ad affrancarsi dal colonialismo infinito praticato dall’Occidente. Nei fatti si trattò di una mascherata, una strategia forse tesa ad ottenere benefici personali. Infatti la sua retorica anti-occidentale è prontamente rientrata. 

 

Lo scorso novembre, Tshisekedi è stato rieletto per il secondo mandato in modo rocambolesco, con oltre il 70% delle preferenze. Per i due anni precedenti il paese era stato attraversato da continue e violente proteste contro il suo regime. Le accuse di brogli massicci – o persino la certezza dei medesimi completano un quadro sconfortante, legittimando i dubbi sul risultato elettorale. 

 

Si obietterà che anche il predecessore di Tshisekedi, Joseph Kabila Kabange, ha sfruttato la situazione a suo esclusivo vantaggio lungo i 18 anni della sua presidenza. È senza dubbio così, tuttavia bisogna riconoscere a Kabila il merito di aver trovato un equilibrio con forze soverchianti, impedendo che la situazione degenerasse: si è trattato, fino al 2018, di un conflitto a bassa intensità, comunque capace di produrre almeno 3.5 milioni di profughi. 

 

Certamente Kabila, di etnia rwandese per parte di madre (come la moglie di Tshisekedi, del resto), aveva trovato il modo di sfruttare la situazione a proprio vantaggio: le società minerarie che, attraverso una rete di prestanome, fanno capo all’ex presidente non si contano. Non di meno, anche se all’epoca magari la situazione appariva ugualmente gravissima, lo era in misura certamente minore di quella attuale. A conti fatti però, sembra che anche quell’equilibrio precario sia venuto meno: le contraddizioni e gli accordi più o meno trasparenti durante il primo quadriennio della presidenza Tshisekedi esplodono ora con il loro carico di contraddizioni. 

 

Tshisekedi peraltro si avvantaggia del fatto di essere il figlio di Ethienne Tshisekedi, premier del primo governo Kabila in seguito passato all’opposizione, oggi defunto e consegnato alla memoria dei suoi concittadini come il “Mandela congolese”. Una reputazione che non sembra essere stata ereditata dal figlio. 

 

Negli ultimi giorni, si è levata la voce del cardinal Ambongo Besungu, il primate del Congo erede di Malula – grande oppositore di Mobutu Sese Seko – e di Monsengwo Pasinya, fiero avversario di Kabila, il quale ha criticato duramente il governo sulla situazione securitaria che sta martoriando l’est del paese. L’irritazione del governo è stata forte, e si temono ritorsioni. 

 

La Chiesa Cattolica in Congo – circa il 65% dei fedeli sono fedeli a Roma – esprime un’autorità molto amata e rispettata anche dai non cattolici: durante la cosiddetta Prima Guerra Mondiale Africana, che in Congo fece circa cinque milioni di morti, preti e vescovi cattolici furono le uniche autorità a non abbandonare la popolazione in un frangente tragico, al punto che il cardinal Monsengwo Pasinya presiedette il parlamento congolese nella delicatissima fase che seguì la caduta di Mobutu. 

 

Tshisekedi non oserà toccare il cardinal Ambongo, tuttavia il deterioramento della situazione geopolitica internazionale, con l’attenzione e le risorse anglo-americane rivolte altrove, potrebbe genere a breve un pauroso caos istituzionale. Le numerose ombre e falle del regime Tshisekedi potrebbero presentare il conto in pochi mesi, o addirittura settimane. È un rischio concreto. 

 

Pluto 

IL REATO DI "FEMMINICIDIO"

 Un DDL che discrimina. Considerazioni sul “reato di femminicidio” introdotto dal Governo Meloni con il plauso dell’Onorevole Valente del PD...