L’altro giorno mi sono imbattuto in un vicino di casa e, non so perché, ci siamo messi a discutere. L’argomento è passato, anche qui non ricordo come, alle questioni di fede. Lui dice: “Ma certo, tutte le religioni dicono la stessa cosa”. “Ah si?” faccio io; “E quale sarebbe?”. “Ama il tuo prossimo come te stesso”. “Davvero tutte le religioni dicono questo?” “Naturalmente”, insiste lui. “Anche il buddismo parla di compassione”. Io osservo: “La compassione non è l’amore”. Vorrei continuare, ma lui riceve una telefonata e la discussione finisce lì.
Mi rendo conto che comunque non sarebbe servito a molto prolungarla, in quanto fin dall’inizio il tipo aveva dimostrato una posizione preconcetta. Dire infatti che tutte le religioni dicono la stessa cosa è una affermazione aprioristica. Il problema è che purtroppo nei rapporti con la stragrande maggioranza delle persone ormai ci si butta addosso grandi luoghi comuni, per di più tratti da un banale relativismo e senza alcuna ragione effettiva.
La
cosa mi dà alquanto fastidio, essendo io laureato anche in teologia, in quanto
ho sostenuto ben 35 esami presso l’Istituto di Scienze Religiose di Milano e ho
studiato in maniera approfondita i testi di Mons. Luigi Giussani, soprattutto
quelli della trilogia (“Il Senso Religioso”, “All’origine della pretesa
cristiana” e “Perché la Chiesa”, tomo I e tomo II).
Avrei
voluto dire a quell’uomo che la frase “Amerai il tuo prossimo come te stesso”,
pronunciata da Gesù quando gli chiedono di riassumere il contenuto della legge,
è in realtà una frase del Levitico. Gesù Cristo non “inventa” nulla di nuovo,
ma dà il significato vero alle Sacre Scritture. Infatti anche il primo dei due
comandamenti con i quali condensa i precetti dell’Alleanza tra Dio e il suo
popolo non è altro che la professione di fede, lo “Shemà Israel”. “Ascolta,
Israele, il Signore, tuo Dio, è uno solo.” “Amerai Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima, con tutta la tua mente”. Gesù Cristo porta a compimento
la professione di fede ebraica, rendendola perfetta. Tanto è vero che lo scriba
che lo aveva interrogato gli esprime la sua stima per la risposta geniale, e
lui ribatte: “Non sei lontano dal Regno di Dio”. Dopodiché il Vangelo aggiunge:
“E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo”.
Sfido
io! Come si può avvicinarsi ad un uomo che sa spiegare l’essenza delle cose in
un modo così profondo e nello stesso semplice? E che capisce il cuore dell’uomo
in maniera così totale e definitiva?
Basterebbero
perciò queste poche frasi (e basterebbe una lettura del Vangelo seria) per
comprendere l’abissale differenza tra l’ebraismo-cristianesimo e tutte le altre
religioni. Perché dico “ebraismo-cristianesimo”? Perché tutta la vita e
l’annuncio di Gesù Cristo non sono altro che un “completare” la storia della
salvezza iniziata con Abramo e continuata con Mosè e i profeti.
Basterebbe
considerare come uno ha vissuto e ha dato la sua vita, soffrendo e immolandosi
per la salvezza dell’umanità. Altri fondatori di religioni invece cosa hanno
fatto? Uno si è arricchito con il patrimonio della vedova che aveva sposato e
ha organizzato e diretto personalmente diciotto guerre (per non contare le
circa cento razzie). Un altro, vissuto negli agi fino a trent’anni circa,
uscendo dal suo palazzo, si accorge dei problemi dell’uomo e vuole risolverli,
sostenendo di aver trovato la via per farlo, peraltro da solo, senza neanche
porsi il problema di Dio. Ma di che cosa stiamo parlando? Le religioni
sarebbero tutte uguali?
Forse
ciò che è uguale è l’abissale ignoranza, a tutti i livelli e in tutte le
culture, che si ha di esse.
Nessun commento:
Posta un commento