Anche quest’anno viene celebrato il “Giorno della memoria” il 27 gennaio, in ricordo delle sofferenze del popolo ebraico in quello che è stato definito l’Olocausto. I sostenitori di tale evento affermano che mai nessun popolo ha sofferto come gli ebrei e che per tale ragione deve essere ricordato e propagandato il più possibile, affinché non si ripeta mai più.
Non
starò qui a disquisire sulla questione in sé, che peraltro presenta molti
aspetti discutibili, come ad esempio l’affermazione che siano morti più ebrei
di quanti ne fossero presenti negli Stati occupati dai tedeschi. Si afferma
infatti che ne siano morti 6.000.000, quando all’epoca gli ebrei presenti in
tutta Europa (Unione sovietica e Polonia occupata dai sovietici escluse) erano
circa 5.5000.00. Anche ammettendo che siano stati tutti uccisi (cosa che non
sembra sostenibile), non si arriverebbe a tale numero. Inoltre i dati forniti
dal Senato americano (fonte che non può essere definita antiebraica), sul
numero degli ebrei presenti nel mondo, parlano di 15.319.359 nel 1940 e
di 15.713.6381 nel 1950 (1).
Secondo l’Annuario Mondiale (World Almanac), nel 1938 erano 15.688.259; dieci
anni dopo, nel 1948, fra i 15.600.000 circa e i 18.700.000 circa (2). Se di ebrei ne fossero
stati uccisi sei milioni entro il 1945, come avrebbe potuto essere tanto alto
il loro numero negli anni immediatamente successivi? O si ipotizza che abbiano
fatto figli a manetta, ma questo non è ragionevole, oppure avrebbe potuto
esserci un fenomeno di conversione di massa, del quale però non c’è alcuna
prova.
Il
punto però è un altro: la questione della cosiddetta Shoah è stata sganciata da
ogni possibile esame storico (e quindi critica) ed è stata fatto assurgere a
dogma indiscusso e indiscutibile del pensiero dominante. Qualunque
osservazione, anche velata, di messa in discussione di tale “dogma assoluto”
viene ostracizzata e violentemente attaccata, per mettere a tacere l’importuno
che osi cercare di ribaltare la narrazione dominante oppure semplicemente di
porre alcune domande.
Ciò
è contrario al metodo storico (se si tratta di un fatto avvenuto nella realtà va sottoposto
al metodo adeguato) e anche ad ogni elementare principio di libertà
democratica. Sento spesso dire da tante persone che siamo fortunati a vivere in
un Paese democratico, nel quale ciascuno può liberamente esprimere le proprie
opinioni, ma io ribatto che, se dobbiamo dire la verità, noi siamo liberi di dire tutto ciò che
vuole il potere dominante: appena si sgarra dal pensiero unico, scatta la
sanzione punitiva.
Senza
andare tanto lontano posso riportare la mia stessa esperienza: due anni fa, il
26 gennaio 2023, ho osato dire, verso la fine di uno spettacolo di propaganda
martellante, che il numero di 6.000.000 di morti ebrei nei campi di
concentramento nazisti era gonfiato e che semmai 6.000.000 di morti (peraltro
in stragrande maggioranza civili) li ebbe la Germania, sotto i bombardamenti
anglo-americani. Apriti cielo! La questione è finita immediatamente sui
giornali di regime. Sono stato attaccato visceralmente da Enrico Mentana su
Open, da Repubblica, dal Giorno (Quotidiano nazionale), insomma da tutta la
stampa allineata ai poteri forti, la quale, senza minimamente essere
interessata al fatto reale, mi bollo’ e condanno’ senza appello. Perfino illustri
personaggi politici mi degnarono della loro attenzione: Matteo Renzi, ad esempio, dichiarò che avrei dovuto essere licenziato in tronco, e il ministro della pubblica
(d)istruzione Giuseppe Valditara, prima ancora di informarsi sui fatti e di chiedere
al diretto interessato cosa fosse successo, mi comminò una sospensione
cautelare immediata.
Faccio
notare che la sospensione cautelare viene di solito data all’insegnante che
abusa sessualmente di una studentessa o al preside che ruba dalle casse della
scuola, cioè per fatti gravi, per reati di un certo peso, non per espressioni
di pensiero o per una critica storica.
E nemmeno la legislazione vigente in Italia considera la messa in discussione dell’Olocausto un reato, in quanto la legge del 2012 prevede che le “affermazioni negazionistiche” possano essere considerate solo una circostanza aggravante di un altro reato (per esempio l'incitamento all'odio razziale). Ma appunto l’andazzo dominante non prevede l’esame ragionevole delle questioni, bensì solo ed unicamente la “messa alla gogna” del malcapitato, il quale deve essere distrutto nella sua immagine, a monito per eventuali altre persone che abbiano una pur vaga intenzione di esprimersi liberamente sull’argomento.
Nel sessantotto si diceva. “colpirne uno per educarne cento”; adesso la faccenda si è ampliata, con il nuovo sistema di informazioni globalista, per cui se ne colpisce uno per educarne sessanta milioni, ma il criterio è lo stesso.
La cosa entusiasmante poi, per i miei detrattori, fu che il provvedimento lo prese lo stesso ministro Valditara, che si dimostro’ più “realista del re”, comportandosi meglio (secondo loro, ovviamente) di un qualunque ministro di sinistra, per cui la sospensione cautelare fu trasformata in provvedimento disciplinare di sospensione di cinque mesi, con decurtazione di metà dello stipendio. Insomma, per farla breve, ho perso 5.000 euro per aver detto, verso la fine di uno spettacolo, che una cifra non corrispondeva alla realtà dei fatti. Questa sarebbe la libertà di espressione nell’Italia di oggi.
Se fossimo in un Paese democratico ci sarebbe stata una discussione; essendo una critica storica, la cifra avrebbe dovuto appunto essere discussa. Il problema è che su alcuni argomenti, e soprattutto sull’Olocausto, non ci si può permettere di parlare: bisogna accettare la versione sdoganata da decenni, che è tutto tranne che storica, anzi ha la connotazione di una propaganda ideologica.
A tale riguardo il processo penale (perché naturalmente era stato avviato un procedimento penale a mio carico, essendo io un pericolo pubblico per le idee e le affermazioni che portavo avanti) è stato immediatamente archiviato, anzi non è stato nemmeno iniziato, non essendoci i presupposti; ma l’amministrazione pubica (pardon, pubblica) non ha di queste “remore giuridiche” e applica immediatamente i propri provvedimenti, per ottenere lo scopo suddetto, cioè che tutti accettino la versione “ufficiale” senza battere ciglio.
A questo punto uno potrebbe chiedere: “Ma qual è lo scopo di tutto ciò? Perché impedire che si discuta di questo fatto, che, essendo appunto un evento storico, dovrebbe essere soggetto alla critica storica? Perché mettere il bavaglio a chi, magari talvolta non nella maniera più opportuna, cerca sostanzialmente di far ragionare gli studenti e di non fargli bere tutto quello che gli propinano?
Per cominciare a capire come mai su tale argomento non si può dire alcunché bisognerebbe leggere alcuni testi illuminanti, tra i quali il più significativo è “L’industria dell’Olocausto” di Norman Finkelstein. L’aver fatto assurgere a dogma assoluto la Shoah ha permesso ad Israele (o meglio ai sionisti) di potere occupare territori palestinesi, di potere fare le guerre che a loro servivano e di potere, da ultimo massacrare sotto i bombardamenti circa 70.000 persone a Gaza, in Cisgiordania, in Libano, in Siria, senza che nessuno osasse parlare di intervento militare per fermare tali bombardamenti. Quale altro Stato, oltre Israele, può permettersi di bombardare impunemente donne e bambini, ospedali, chiese, moschee e quant’altro, senza che nessuno dica niente? E quale altro Stato può permettersi di avere ricevuto 70 risoluzioni ONU del Consiglio di Sicurezza contrarie alla propria politica e continuare nella sua opera di sterminio sistematico di una popolazione?
A questo punto si dirà: ma Israele lo fa per difendersi dall’essere sterminata, lo fa per scopi difensivi, perché tutti cercano sempre di sterminare il popolo ebraico, fin dai tempi di Hitler e quindi Israele è costretta ad usare la forza per non essere eliminata dalla faccia della Terra.
E qui veniamo al “punctum dolens” della questione: il problema è che, nel corso di tutti questi decenni, la maggioranza del popolo ebraico ha perso sostanzialmente il senso del “Giorno della memoria”. Nella tradizione ebraica il memoriale era il ricordo della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; si faceva memoria, il giorno di Pasqua, del fatto che il popolo d’Israele era stato liberato dall’oppressione dei Faraoni ed aveva potuto ritornare nella sua terra. Ma il protagonista di tale liberazione non era il popolo stesso, bensì Dio: era Jahvé che aveva istruito e condotto Mosé a liberare la sua gente.
Questo, a mio parere, è il vero dramma del popolo ebraico, che ben pochi capiscono: perduta la fede nella venuta del Messia, lasciata ogni speranza nell’azione di Dio nella storia, è lo stesso popolo ebraico a diventare il soggetto agente della sua liberazione. Sono gli ebrei, che, con la loro immensa sofferenza, sono diventati l’agnello sacrificale da immolare; è lo stesso popolo ebraico ad essere quindi l’artefice della propria salvezza, dato che Dio non si fa più sentire.
Perciò si deve difendere a tutti i costi e in tutti i modi, perché è solo con le proprie forze che può liberarsi dei suoi nemici. Ma è la dimenticanza della propria storia che porta a questa disperazione e io, che non sono nessuno, mi sento di dire al popolo ebraico: ritorna alle tue origini! Ricorda i tempi antichi, medita sugli anni lontani! Mantieni la memoria, la vera memoria, che è quella dell’amore che Dio ha avuto ed ha ancora per te! Che non è quella della sofferenza del popolo, bensì quella della Pasqua! Della liberazione del popolo dalla schiavitù ad opera di Mosé!
“Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato, e dall’Egitto ho chiamato mio figlio”; ”Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele?” “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo: sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira”. Osea. 11, 1, 8-9
Pietro Marinelli
1) Appendice VII, “Statistiche sull'Affiliazione Religiosa”, dal libro del Senato Americano A Report of the Committee on the Judiciary of the United States Senate.
2) Il dato relativo al 1938 è fornito al World
Almanac dall’ American Jewish Committee (Comitato Ebreo Americano) e, altresì,
dal Jewish Statistical Bureau of the Synagogues of America. Il dato riguardante
il 1948 è tratto da un articolo apparso nel New York Times del 22 febbraio
1948, firmato da Hanson W. Baldwin, esperto di questioni demografiche del
suddetto giornale
Sottoscrivo. La storia dell'Olocausto è un colossale falso storico tenuto in piedi per giustificare l'esistenza dello stato di Israele che è nato in forza di un atto di aggressione ingiustificabile. E lo dico senza alcuna simpatia per i palestinesi e per tutto ciò che è collegato all'Islam che è una religione altrettanto intollerante e primitiva quanto quella ebraica.
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