L’altro giorno ho deciso di andare a trovare i miei ex-studenti dell’anno scorso; mi organizzo in modo da essere lì per l’intervallo, così da non disturbare le lezioni, ed esco. Arrivato a scuola (il Curie/Sraffa di Milano) mi sembra di vedere strani movimenti di ragazzi, ma non ci faccio caso. Entro e chiedo di una delle mie vecchie classi, ma la bidella (pardon, la collaboratrice scolastica) mi dice: “Prof., adesso le classi non ci sono più”. “Come, non ci sono più? In che senso?” “Eh, prof, ora le classi si spostano ogni ora e vanno nell’aula dell’insegnante”. E mi indica l’aula nella quale fino all’anno scorso faceva lezione la mia classe: “Vede, questa è l’aula di Scienze; poi c’è l’aula di Matematica, poi quella di Diritto, e così via ….”.
Guardo
in alto ed effettivamente, sulle aule, sono scritte le materie e non più le
classi, come una volta. Mi rendo conto che adesso sono i ragazzi che si
spostano, ad ogni ora, per recarsi nell’aula della materia che devono svolgere.
Insomma, ora è l’insegnante che rimane fisso nella propria aula e gli studenti
girano per l’Istituto andando verso la materia, ossia verso il docente che la spiega.
Mi
viene osservato che questo è il sistema anglosassone, ma io ribatto che non è vero:
anzitutto nella scuola americana non esiste il “gruppo classe”, in quanto gli
studenti formano gruppi a seconda delle materia, mentre qui, con questa
sperimentazione Valditara, rimane il gruppo classe. La conseguenza è che le
classi si spostano ogni ora ma rimangono compatte: non si crea un gruppo nuovo
ogni volta, a seconda della scelta della materia, ma restano la 1°A, la 1°B, la
1°C e così via. Si realizza in tal modo uno spostamento continuo delle classi
ma non c’è alcun cambiamento nella didattica. I ragazzi perdono almeno dieci
minuti/un quarto d’ora per recarsi nell’altra aula, ma, una volta entrati, tutto
rimane assolutamente identico a prima. I programmi sono gli stessi, la lezione
di svolge come sempre e gli alunni sono aggregati allo stesso modo di prima.
Sento che le lamentele sono moltissime: gli studenti dicono che spesso negli
spostamenti o perdono gli oggetti oppure glieli rubano (i furti sono aumentati
esponenzialmente). Inoltre osservano che gli armadietti sono minuscoli, per cui
non si riesce a farvi entrare i libri e i quaderni e molti sono costretti a
portarseli sempre dietro nello zaino.
Uno, alla domanda: "Che cosa ne pensi di questa riforma?" risponde senza esitazioni: "A mio parere questa riforma è oscena, perché noi studenti dovremmo pensare a studiare le materie scolastiche, non a studiare la piantina della scuola". E un altro rincara la dose: "Il fatto che noi studenti di quinta anziché pensare alla maturità dobbiamo pensare a studiare la piantina della scuola da poter usare esclusivamente negli open day (dato che non ci sarebbero altri momenti per usarla) mi sembra surreale!".
Il
personale non docente lamenta l’aggravio di responsabilità dato da questi
continui spostamenti dei ragazzi, i quali spesso non danno loro retta e quindi risultano impossibili da controllare. I docenti notano che è stato notevolmente
diminuita, se non azzerata, la possibilità di avere un confronto, perché non c’è
più alcun punto di contatto. Prima infatti, nel cambio dell’ora, gli insegnanti
potevano scambiarsi delle impressioni o delle proposte o confrontarsi sugli
studenti, mentre ora ognuno va per la sua strada senza incrociarsi mai con gli
altri docenti.
A
questo proposito un assistente tecnico mi fa rilevare che adesso diversi
insegnanti si fermano nei laboratori, oltre il loro orario, per parlare tra loro,
cosa che non è mai successa. Sentono l’esigenza di comunicare e di confrontarsi
sulle questioni didattiche e non avendo altra possibilità, lo fanno in questo
modo.
Io
mi domando: quale sarebbe lo scopo di tutto ciò? Perché lasciare immutata la
programmazione e la didattica e aumentare esclusivamente lo spostamento fisico
delle classi? A chi serve tale apparente cambiamento?
Mi
ricordo che Giulio Andreotti diceva: “A pensar male si fa peccato, però ci si
azzecca quasi sempre”; credo che anche in questo caso valga la sua massima,
perché a chi può servire l’azzeramento dei rapporti tra docenti e la riduzione
del tempo di apprendimento per gli studenti?
A
chi detiene il potere, che si trova ad avere insegnanti divisi e non
coalizzati, che non si confrontano sulle questioni della scuola e quindi
accettano supinamente qualunque cosa venga calato dall’alto. E i governanti
otterranno anche studenti sempre meno preparati e perciò sempre meno coscienti
dei loro diritti e della possibilità di protestare contro di loro.
Nessun commento:
Posta un commento