giovedì 28 agosto 2025

I CURDI E IL PROBLEMA DEL LORO STATO - UNA QUESTIONE DIMENTICATA

 


Abbiamo intervistato un ragazzo curdo-siriano, in Italia da sempre, che però ha seguito con attenzione le vicende del suo popolo da molti anni. Gli abbiamo rivolto alcune domande:

Potresti dirci brevemente dove vive ora il popolo curdo?

Il popolo curdo, ad oggi, vive ancora prevalentemente nelle zone in cui hanno sempre vissuto, nonostante una cospicua parte di loro abbia subito una diaspora dall’inizio della guerra civile siriana e dalle guerre interne all’Iraq soprattutto a seguito delle persecuzioni e degli scontri diretti con l’Isis. I curdi sono la maggioranza degli abitanti nel sud-est della Turchia, nel Nord-est della Siria, nel Nord dell’Iraq e nell’Ovest dell’Iran. Si stima ci siano inoltre circa 2 milioni di curdi in Europa, prevalentemente in Germania.

Che cosa pensa dell’attuale classe dirigente in Siria e quali aspettative ha la gente curda nei suoi confronti?

Non nutro buone opinioni verso l’attuale classe dirigente siriana; sin da subito hanno messo in chiaro che in Siria non ci sarà alcuna regione autonoma curda, né tantomeno un’indipendenza territoriale. Finora non ci sono stati episodi di scontri o persecuzioni dirette nei confronti dei curdi, ma vedere cosa hanno fatto agli alawiti e ai drusi lascia poche speranze per qualsiasi minoranza in Siria. Oggi sono loro, domani forse saremo noi. 

Quali tentativi di costituire uno Stato per i curdi sono adesso in atto?

Storicamente la sola lotta armata ha avuto pochi risultati, per questo ad oggi l’unica forza curda attualmente autonoma ed indipendente, i Peshmerga nel Kurdistan Iracheno, devono il loro successo principalmente a sforzi diplomatici e alleanze strategiche attuate durante i periodi di instabilità politica e militare. Dobbiamo tutto agli americani, che a conti fatti ci hanno salvato da un genocidio che Saddam Hussein stava attuando, e alla lungimiranza della classe politica curda irachena. Auguro lo stesso spirito anche alle altre forze curde impegnate in Siria e soprattutto in Turchia, che a conti fatti hanno danneggiato la nostra causa portandoci solo accuse di terrorismo.

Che giudizio dai sulla politica di Saddam Hussein riguardo ai curdi?

Si sa che Saddam Hussein non tollerava le minoranze in Iraq. Spesso si sente dire che quando c’era Saddam in Iraq le tribù convivevano pacificamente, ma questo non significa che non fossero tutte ugualmente perseguitate, ma solo che non potevano difendersi. Infatti la politica di Saddam è sempre stata ‘O con me o contro di me’, che significava: o rinunci alle tue pretese e alla tua identità per un bene superiore oppure sei un traditore della patria e sarai perseguitato. Si stima che nel genocidio curdo avvenuto in Iraq abbiano perso la vita tra le 50mila e le 180mila persone, morte prevalentemente tramite l’utilizzo di gas asfissianti di massa. 

Quali proposte faresti per risolvere la “questione curda”?

Come ho già detto prima io confido pienamente ed unicamente nella diplomazia e nello sforzo culturale. Siamo in tempi in cui la lotta armata non risolve niente, gli eserciti da contrastare sono troppo forti e nessuna milizia sarà mai in grado di raggiungere lo scopo che si prefissa senza macchiarsi di terrorismo. Da parte mia parlo della mia esperienza e delle mie origini, affinché qua in occidente più persone conoscano la nostra storia. Siamo il popolo più grande al mondo a non avere riconosciuto uno stato ed un’indipendenza. Si stima ci siano dai 30 ai 40 milioni di curdi ma nonostante ciò l’opinione pubblica segue solo le questioni che vanno di moda e sono poche le persone che realmente si interessano davvero a cosa succede nel mondo e al diritto di autodeterminazione dei popoli.

Per questo ringrazio molto il prof. Pietro Marinelli per avermi dato l’opportunità ed il suo spazio per portare la mia voce.

Un ragazzo curdo-siriano

sabato 16 agosto 2025

TRUMP E PUTIN IN ALASKA

 


 Vorrei dire alcune cose sull’incontro tra Putin e Trump avvenuto ieri, 15 agosto 2025, ad Anchorage, in Alaska. Cercherei prima di capire ciò che veramente è successo e poi passerei al commento e alla critica di come raccontano gli avvenimenti i pennivendoli nostrani.

Innanzitutto è stato sicuramente un evento storico: erano 10 anni che Putin non metteva piede sul suolo statunitense e l’avvio di incontri diplomatici ad altissimo livello tra Stati Uniti d’America e Federazione Russa è un avvenimento da salutare con estrema gioia. Se si vuole essere dalla parte di coloro che vogliono la pace e non la guerra continua di tutti contro tutti, s’intende. La ripresa ufficiale dei rapporti diplomatici è già di per sé un obiettivo raggiunto, rispetto al periodo dell’Amministrazione Biden.

Che poi non si sia arrivati ad un accordo vero e proprio e neanche ad un “cessate il fuoco”, questo dipende da diversi fattori. Anzitutto l’obiettivo del cessate il fuoco era di Trump, ma la Russia ha sempre sostenuto di avere il sospetto che l’interruzione delle ostilità sarebbe servita a Kiev per riarmarsi e riprendere il conflitto con più forza. Poi Putin ha affermato che occorre trovare una soluzione duratura, non delle semplici “toppe” su un vestito che rimane vecchio.

Inoltre c’è la questione della ridefinizione dei confini, che volenti o nolenti, va affrontata. Un accordo ufficiale andrebbe preso anche con il presidente dell’Ucraina, sostengono i media europei. Peccato che Zelensky non lo sia più da maggio del 2024, essendo scaduto il suo mandato. L’Ucraina è gestita in maniera dittatoriale da un soggetto che non ha più la legittimità per farlo: questo sfugge all’attenzione dei giornalisti e dei politici atlantisti, mentre è una questione fondamentale. Putin è stato eletto dal popolo ed ha ricevuto il 75% dei voti; Trump ha vinto le ultime elezioni presidenziali: entrambi perciò possono parlare a nome della loro nazione legittimamente: ma Zelensky? Che viene adorato a sostenuto militarmente dall’Unione europea e dal Regno Unito? Chi rappresenterebbe, oltre se stesso (e la moglie, che anche lei ha pensato bene di comprare ville a destra e a manca, anche in Italia)?

I due capi di Stato e di governo hanno fatto dichiarazioni molto brevi: Putin ha parlato otto minuti, Trump quattro. Non hanno risposto alle domande dei giornalisti (e come dar loro torto, dato che sono sempre faziose?) e sono stati abbastanza generici nel sottolineare l’importanza dell’incontro. Trump ha detto che una grossa questione ha impedito il raggiungimento dell’accordo (una sola?) ed entrambi si sono ripromessi di re-incontrarsi. Putin ha invitato Trump a Mosca. E sarebbe anche ora, a mio avviso, altrimenti non si capisce il cambiamento da una posizione di totale preminenza del colosso americano nel mondo.

La prima osservazione che mi viene da fare è la differenza di stile e di spessore politico tra i due. Putin parla come il capo di Stato di una grande potenza, articolando discorsi sensati; Trump è un rozzo gorilla che deve trattenersi dall’esplodere in dichiarazioni assurde.

Una piccola curiosità: nessuno dei giornalisti occidentali si chiede in quale lingua parlino i due? Ovviamente non il russo, perché Trump non conosce, da bravo “yankee”, una sola parola di nessun altro idioma, bensì in inglese, che Putin conosce molto bene. Come conosce perfettamente il tedesco e deve cavarsela anche con l’italiano, avendo avi che provenivano dal nostro Paese (“putìn”, in veneto, significa “bambino”). Se ci fate caso Putin viene sempre presentato quando parla in russo, dai mezzi di comunicazione occidentali, per marcare la differenza tra lui e noi e continuare la demonizzazione dell’uomo politico in questione. Che poi quest’uomo politico avesse siglato gli accordi di Minsk nel 2014 e 2015, che abbia contribuito al riavvicinamento della Russia all’Occidente, che avesse rapporti costanti con Barak Obama, tutto ciò non ha alcuna rilevanza per i prezzolati giornalisti nostrani. Nessuno ricorda neanche che la Russia aveva raggiunto un accordo di “partenariato” con la NATO, perché non fa comodo alla narrazione secondo la quale i russi sono i “cattivi” e noi i “buoni”.

Da ultimo non si può non notare la completa assenza dell’Unione europea e del Regno Unito, del tutto ininfluenti e addirittura incapaci di protestare per essere stati esclusi, tanto sono proni al volere del loro padrone americano. Le sorti del mondo vengono decise dalle due grandi superpotenze mondiali, mentre gli altri stanno a guardare.

lunedì 11 agosto 2025

SEGNALI DI PACE E VENTI DI GUERRA

 Sono passati 80 anni dal lancio delle due bombe atomiche sul Giappone, a Hiroshima e Nagasaki: l’evento più disumano che sia mai avvenuto nella storia del mondo. In soli due istanti, a distanza di due giorni, l’esplosione nucleare ha causato 300.000 morti civili, senza contare le conseguenze successive che hanno subito le persone per le radiazioni. Questo fatto  rappresenta sicuramente il crimine contro l’umanità più grave che sia mai stato commesso, ma siccome lo hanno fatto gli Stati Uniti allora ci si arrampica sugli specchi per dare una giustificazione a tale decisione. Si dice che bisognava affrettare la fine della guerra, oppure che i giapponesi non velavano arrendersi (sic!) E Lo Stato che vuol esportare la democrazia nel mondo (a suon di bombardamenti) ha avuto la faccia di tolla non solo di non scusarsi assolutamente, ma di non partecipare mai alle celebrazioni che si sono sempre tenute in Giappone da ottant’anni a questa parte.

Tale ricorrenza ha riposto la questione dell’uso delle armi atomiche in una eventuale guerra mondiale; inoltre sono ripresi su diversi lati delle consultazioni e dei tentativi di accordo per trovare una soluzione pacifica ai conflitti. Papa Leone XIV, domenica scorsa, ha ricordato i tragici avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki; poi ha elogiato l’Armenia e l’Azerbaigian per aver raggiunto un accordo di pace, con una dichiarazione congiunta che sancisce la fine delle ostilità. Già questo è un primo segnale verso la soluzione pacifica dei conflitti, che dovrebbe essere molto più ripreso dai mezzi di comunicazione. Sembra che i grandi “media” siano molto più interessati a rinfocolare le tensioni e a spingere verso la guerra che non a cercare di stabilire un mondo civile nel quale si possa vivere in pace.

Il Papa ha parlato poi della situazione ad Haiti, che rimane molto problematica con uccisioni e devastazioni ed ha auspicato che anche in questo caso si trovi una soluzione diplomatica.

Per inciso, sono venuto a sapere da amici che il 7 agosto 2025 la Tailandia e la Cambogia hanno stipulato un accordo sul “cessate il fuoco”, che non è un vero e proprio trattato di pace bensì una tregua, ma che costituisce un notevole passo avanti verso la fine del conflitto tra i due Paesi. Sembra che tale accordo sia stato dovuto all’intervento del primo ministro della Malesia, che ha convocato i due ministri della difesa e li ha persuasi a raggiungere tale soluzione. Questa tregua riguarda tutti gli attacchi e tutte le armi ed è un’estensione del precedente “cessate il fuoco”, che era più generico.

C’è poi un’altra importante novità, nell’ottica della cessazione delle guerre: finalmente Trump e Putin si incontreranno il 15 agosto in Alaska, ad Anchorage, per cercare di metter fine al conflitto Russia-Ucraina. Erano sei anni che i due presidenti non si incontravano e 10 che Putin non metteva piede sul suolo statunitense. Si era ventilata l’ipotesi di un incontro a Roma, ma solo perché Trump avrebbe preferito si svolgere nel suo territorio sottomesso prediletto e con la mediazione del suo adorato zerbino. La Federazione russa ha rifiutato tale proposta, sostenendo che Giorgia Meloni è troppo “filo-Ucraina” per essere una mediatrice credibile. E come darle torto, dopo l’invio di undici pacchetti di armi a Zelensky e l’approvazione di ben diciotto pacchetti di sanzioni economiche contro la Russia?

I giornalisti occidentali si pongono poi il problema per mandato di arresto internazionale per Putin; non se lo pongono, però, per quello di Netanyahu, che parla e straparla come vuole giustificando addirittura la “colonizzazione” della Striscia di Gaza e l’occupazione della Cisgiordania. Netanyahu può andare al Congresso degli Stati Uniti d’America ed essere fragorosamente applaudito, senza che questo interpelli minimamente le coscienze degli addetti alle comunicazioni occidentali, totalmente succubi delle posizioni israeliane.

Finché si andrà avanti con la narrazione occidentale dei “buoni e cattivi” non ne caveremo un ragno dal buco. Finché non si ammetteranno le responsabilità degli Stati Uniti e dell’Unione europea nella questione del Medio Oriente (leggi: sostituzione di Assad con Al-Johani, ad esempio) e in Ucraina (colpo di Stato del 2014 con destituzione di Janukovic con Poroshenko ed inizio dei bombardamenti sul Donbass) non sarà possibile trovare alcun accordo.

L’inizio delle soluzioni pacifiche avviene quando si scende dallo scalino degli “eletti da Dio” o dei “portatori di democrazia agli altri” e si prende atto della realtà dei fatti e dell’interesse dei popoli all’autodeterminazione. Basta solo pensare che Zelensky non è più presidente dell’Ucraina da oltre un anno, in quanto il suo mandato è scaduto il 20 maggio 2024. I media occidentali devono cercare di giustificare il fatto dicendo che c’è la legge marziale e la guerra, invece di invocare a gran voce nuove elezioni, come in ogni Paese democratico. E certo, perché molto probabilmente Zelensky le straperderebbe e non è detto che sarebbe eletto il candidato che vorrebbero mettere su Regno Unito e Stati Uniti.

Ma capite in che teatrino tragi-comico ci troviamo?

domenica 3 agosto 2025

GIUBILEO DEI GIOVANI 2025 A TOR VERGATA


 

Sono a casa, sabato 2 agosto, perché mi devo riprendere dall’impegnativa “Turandot” che abbiamo cantato a Bra’ il giorno prima. Essendo tornati alle tre di notte e avendo preso sonno alle tre e mezzo, ho passato tutta la giornata in uno stato di stanchezza profonda.

 

Poi mi viene in mente che c’è la veglia del Giubileo dei giovani 2025, e accendo il computer per vedere la diretta. Rimango molto impressionato dall’organizzazione in grande stile e soprattutto dalla solennità della celebrazione: il coro gigantesco e l’orchestra sono diretti, credo, dallo stesso mons. Frisina, autore dei brani. Ora, si potrà dire tutto quello che si vuole sul modo di comporre di Frisina, ma i suoi pezzi sacri rendono la gioia e soprattutto il mistero del cristianesimo. “Anima Christi”, per esempio, è molto toccante, e anche gli altri brani musicali hanno una religiosità coinvolgente e direi addirittura “trascinante”.

 

Non posso fare paragoni con la Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona del 2023, che non ho visto, né tantomeno con il Giubileo dei Giovani del 2000 con papa Giovanni Paolo ||, che francamente non ricordo, però direi che il tutto è molto ben preparato e aiuta moltissimo la meditazione e la concentrazione. Saranno anche di meno, rispetto a quello precedente, come continuano a dire coloro che devono a tutti i costi sminuire la presenza attuale della Chiesa, ma si vede una marea di persone. Gli organizzatori diranno di aver raggiunto il milione di presenze, che non sono i due milioni di Wojtyla ma rappresentano comunque una cifra che non so quale altra organizzazione al mondo oggi riesca a raggiungere.

 

Mi impressiona molto Papa Leone XIV, sia per la disinvoltura con la quale risponde alle domande e passa da una lingua all’altra, sia per la devozione che dimostra al Santissimo, rimanendo inginocchiato fino a quando il cerimoniere non gli ricorda che si deve alzare per continuare la celebrazione. Le lingue più utilizzate sono l’italiano, lo spagnolo e l’inglese, che sono quelle nelle quali Robert Francis Prevost si trova più a suo agio, ma vengono usati anche il tedesco, il francese, il portoghese, il polacco e una lingua asiatica che non riesco ad individuare. Forse sarà il coreano, dato che nel 2027 la prossima Giornata mondiale della Gioventù di terrà a Seul, ma non ne sono sicuro.

 

Belle le domande, soprattutto quella della ragazza italiana su come fare la scelta giusta per la vita: il Papa anzitutto pone le tre scelte che la Chiesa cattolica ha sempre dato: il matrimonio, l’ordine sacro e la vita consacrata. Poi aggiunge che il punto non è “cosa” scegliere, ma “chi” scegliere, e che la scelta fondamentale è scegliere Gesù Cristo. E che attraverso la sua amicizia possiamo sperimentare l’amicizia tra di noi.

 

La mattina del 3 agosto sulla spianata di Tor Vergata è presente una marea umana ancora maggiore di quella della sera precedente: probabilmente è qui che si raggiunge il milione di persone. Starei per dire ai giornalisti, che non capiscono nulla della realtà ecclesiale e fanno i conti della serva solo sui numeri, che quel Tale nel cui nome di riuniscono tutte queste persone disse: “Dove due o tre si riuniranno nel mio nome, io sarò in mezzo a loro”. Il che significa che il numero non è assolutamente essenziale, come pensano invece i “vati” della pseudo-democrazia occidentale: due o duecento o due milioni è esattamente lo stesso per Lui, che manifesta la sua presenza in ogni caso, là dove lo si invoca. Il quale soggetto, che rigorosamente evitano di citare i cosiddetti informatori democratici, iniziò con dodici seguaci, senza farsi alcun problema di essere maggioranza o minoranza lì dov’era.

 

E invece è proprio Gesù Cristo il centro della veglia e della Messa del Giubileo dei Giovani, e Papa Leone XIV ci regala una commovente citazione di sant’Agostino: «Qual è allora l'oggetto della nostra speranza? È la terra? No. Qualcosa che deriva dalla terra, come l'oro, l'argento, l'albero, la messe, l'acqua? Queste cose piacciono, sono belle queste cose, sono buone queste cose». E concludeva: «Ricerca chi le ha fatte, egli è la tua speranza». Pensando, poi, al cammino che aveva percorso, pregava dicendo: «Tu [Signore] eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo.. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai  e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace».


Ha citato Bergoglio, ma anche Giovanni Paolo II, che disse  "Quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare". Ha esortato i giovani ad aspirare a mete più alte., che corrispondano ai desideri  più profondi del cuore.


Vengo a sapere dai giornali, poi, che il Papa ha detto di essere vicino ai giovani di Gaza e dell’Ucraina e, verificandolo, scopro che è vero, anche se francamente non me n’ero accorto. Ma, si sa, il giornalista sta attento quasi esclusivamente alle questioni politiche.  Deve averlo detto all'Angelus, che io non ho ascoltato. Il  Papa aveva ricordato anche due ragazze morte improvvisamente, una spagnola e una egiziana, e di un ragazzo spagnolo ricoverato in gravi condizioni.

 

Ridicolo l’intervento di Giorgia Meloni, che si rivolge ai giovani proferendo una serie di ovvietà e finendo con l’esortazione a “fare rumore come nel 2000”. Forse la suddetta non aveva sentito, non essendo stata presente, che tutte le celebrazioni, soprattutto la veglia, erano orientate a “fare silenzio” per lasciare spazio a Gesù Cristo, che entrasse nei cuori. Ma tant’è, la “donna, madre e cristiana”, unico capo del governo ad essersi presentata al Papa senza marito e nemmeno senza velo, come invece aveva chiesto il Pontefice, può dire e fare ciò che vuole. Ha dalla sua la grande stampa italiana ed internazionale, no?

 

In conclusione, un’ottima figura da parte della Chiesa cattolica universale, che ha dimostrato di avere a cuore il mistero che l’ha generata. La Comunità ecclesiale ha fatto vedere di essere viva e vegeta e soprattutto legata al suo Capo, che, ricordiamocelo sempre, non è il Papa, bensì il Dio fattosi uomo per salvarci.

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