Vorrei dire alcune cose sull’incontro tra Putin e Trump avvenuto ieri, 15 agosto 2025, ad Anchorage, in Alaska. Cercherei prima di capire ciò che veramente è successo e poi passerei al commento e alla critica di come raccontano gli avvenimenti i pennivendoli nostrani.
Innanzitutto è stato sicuramente un evento storico: erano 10 anni che Putin
non metteva piede sul suolo statunitense e l’avvio di incontri diplomatici ad
altissimo livello tra Stati Uniti d’America e Federazione Russa è un
avvenimento da salutare con estrema gioia. Se si vuole essere dalla parte di
coloro che vogliono la pace e non la guerra continua di tutti contro tutti, s’intende.
La ripresa ufficiale dei rapporti diplomatici è già di per sé un obiettivo
raggiunto, rispetto al periodo dell’Amministrazione Biden.
Che poi non si sia arrivati ad un accordo vero e proprio e neanche ad un “cessate
il fuoco”, questo dipende da diversi fattori. Anzitutto l’obiettivo del cessate
il fuoco era di Trump, ma la Russia ha sempre sostenuto di avere il sospetto
che l’interruzione delle ostilità sarebbe servita a Kiev per riarmarsi e
riprendere il conflitto con più forza. Poi Putin ha affermato che occorre
trovare una soluzione duratura, non delle semplici “toppe” su un vestito che
rimane vecchio.
Inoltre c’è la questione della ridefinizione dei confini, che volendo o
nolendo, va affrontata. Un accordo ufficiale andrebbe preso anche con il
presidente dell’Ucraina, sostengono i media europei. Peccato che Zelensky non lo
sia più da maggio del 2024, essendo scaduto il suo mandato. L’Ucraina è gestita
in maniera dittatoriale da un soggetto che non ha più la legittimità per farlo:
questo sfugge all’attenzione dei giornalisti e dei politici atlantisti, mentre
è una questione fondamentale. Putin è stato eletto dal popolo ed ha ricevuto il
75% dei voti; Trump ha vinto le ultime elezioni presidenziali: entrambi perciò
possono parlare a nome della loro nazione legittimamente: ma Zelensky? Che
viene adorato a sostenuto militarmente dall’Unione europea e dal Regno Unito?
Chi rappresenterebbe, oltre se stesso (e la moglie, che anche lei ha pensato
bene di comprare ville a destra e a manca, anche in Italia)?
I due capi di Stato e di governo hanno fatto dichiarazioni molto brevi:
Putin ha parlato otto minuti, Trump quattro. Non hanno risposto alle domande
dei giornalisti (e come dar loro torto, dato che sono sempre faziose?) e sono
stati abbastanza generici nel sottolineare l’importanza dell’incontro. Trump ha
detto che una grossa questione ha impedito il raggiungimento dell’accordo (una
sola?) ed entrambi si sono ripromessi di re-incontrarsi. Putin ha invitato Trump
a Mosca. E sarebbe anche ora, a mio avviso, altrimenti non si capisce il
cambiamento da una posizione di totale preminenza del colosso americano nel
mondo.
La prima osservazione che mi viene da fare è la differenza di stile e di
spessore politico tra i due. Putin parla come il capo di Stato di una grande
potenza, articolando discorsi sensati; Trump è un rozzo gorilla che deve
trattenersi dall’esplodere in dichiarazioni assurde.
Una piccola curiosità: nessuno dei giornalisti occidentali si chiede in
quale lingua parlino i due? Ovviamente non il russo, perché Trump non conosce,
da bravo “yankee”, una sola parola di nessun altro idioma, bensì in inglese,
che Putin conosce molto bene. Come conosce perfettamente il tedesco e deve
cavarsela anche con l’italiano, avendo avi che provenivano dal nostro Paese (“putìn”,
in veneto, significa “bambino”). Se ci fate caso Putin viene sempre presentato
quando parla in russo, dai mezzi di comunicazione occidentali, per marcare la
differenza tra lui e noi e continuare la demonizzazione dell’uomo politico in
questione. Che poi quest’uomo politico avesse siglato gli accordi di Minsk nel
2014 e 2015, che abbia contribuito al riavvicinamento della Russia all’Occidente,
che avesse rapporti costanti con Barak Obama, tutto ciò non ha alcuna rilevanza
per i prezzolati giornalisti nostrani. Nessuno ricorda neanche che la Russia
aveva raggiunto un accordo di “partenariato” con la NATO, perché non fa comodo
alla narrazione secondo la quale i russi sono i “cattivi” e noi i “buoni”.
Da ultimo non si può non notare la completa assenza dell’Unione europea e
del Regno Unito, del tutto ininfluenti e addirittura incapaci di protestare per
essere stati esclusi, tanto sono proni al volere del loro padrone americano. Le
sorti del mondo vengono decise dalle due grandi superpotenze mondiali, mentre
gli altri stanno a guardare.
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