Oggi, lunedì 20 Gennaio, Trump prenderà possesso del trono decaduto da imperatore del mondo.
Ragioniamo,
in attesa del discorso di insediamento ufficiale, sulla sua intervista di pochi
giorni fa anche se è bene rimandare i giudizi al fare effettivo.
Per
non farci mancare nulla prendiamo in considerazione due dichiarazioni: quella
citata di Trump ed il discorso di commiato di Biden.
I
media ci presentano l’aspetto ovvio, eclatante e folkroristico delle idee
esposte da Trump.
Quindi
veniamo a sapere che Trump è interessato alla Groenlandia, se necessario anche
con una azione militare, acquisire il Canada, riavere il canale di Panama e
cambiare il nome del Golfo del Messico.
Un
bel programma. Sobrio e di basso profilo.
A
mio parere è più importante quello che non ha detto, rispetto a quello che ha
detto.
Ma
partiamo dalle parole in libertà che ci vengono sventolate dai media mondiali.
Sarebbe
interessante vedere gli USA attaccare la Danimarca per acquisire la Groenlandia
ed ancora di più assistere al dibattito nella NATO, soprattutto all’interno
dell’UE sempre indecisa a tutto, se e come difendere uno degli Stati NATO
attaccato da uno dei Paesi dell’Alleanza, anzi dal Leader e portabandiera della
Democrazia e della difesa delle regole.
Stesso
ragionamento per il Canada, contro cui non è stata espressa l’opzione militare,
ben sapendo quanto l’economia canadese dipenda da quella americana e che
eventuali dazi, o anche solo i mancati aiuti economici, farebbero sparire la
foglia d’Acero dalla bandiera canadese per sostituirla con una foglia di fico
con cui coprire le nudità evidenti. La crisi politica del Paese, dopo 10 anni
di guida scellerata di Justine Trudeau, potrebbe non interessarci, ma occorre
sentire il parere del Capo di Stato, cioè Carlo III d’Inghilterra, per avviare
l’iter. Non mi sembra un percorso molto lineare.
Per
il canale di Panama tutto è possibile, vista la flessibilità con cui le rigide
regole internazionali vengono interpretate ed applicate.
Sarebbe
anche possibile una rivendicazione, al ridicolo non c’è mai limite, visto che
il primo accordo del 1901 era un trattato che investiva gli Stati Uniti del
diritto, permanente e neutrale, di accettare e difendere tutte le navi che
avrebbero attraversato il canale, i cui lavori iniziarono nel 1907. Un secondo
trattato, del 1903, limitò i termini dell’affitto agli USA al 31 dicembre 1999
e solo un terzo, del 1977, restituì a Panama la zona del canale nel 1979.
Volete che non si trovi una virgola o una piega che annulli l’ultimo accordo (o
gli ultimi due) ?
In
questo caso il capo di Stato da ascoltare, però, si chiama Xi Jingping che, pur
non avendo titoli ufficiali nell’ordinamento giuridico panamense, come invece
per Re Carlo III in Canada, avrebbe qualcosa da dire se vedesse le proprie navi
bloccate o rallentate in qualsiasi modo.
Parlando
di cose serie, però, dicevo che sarebbe più importante vedere cosa Trump non ha
detto.
Non
ha parlato dell’Ucraina e della Russia. Non ha parlato della Cina. Non ha
parlato del Pacifico.
Non
ha parlato di tante altre cose, ma limitiamoci a queste che sono state tra i
cavalli di battaglia di Biden e che Biden stesso non ha toccato nel suo
discorso di commiato che vedremo in seguito.
Facile
dipingere il tycoon sempre e solo oltre le righe per far finta che nessuno dei
pensosi media se ne sia accorto, mentre è evidente che nessuno ne abbia voluto
parlare.
Lo
scenario futuro, che tutti hanno visto nel Pacifico e in contrapposizione a
Cina e Russia, è cambiato. Si giocherà nel Pacifico, ma privilegiando l’America
First a scapito, anzitutto, dell’Europa che dovrà essere totalmente sottomessa
molto di più e meglio di quanto, pesantemente, sia già.
Già
il controllo energetico, attuato tagliando i rifornimenti russi a basso prezzo,
è un mortale cappio al collo. Se aggiungiamo l’incentivo fiscale ed economico
per far traslocare le principali aziende europee negli USA, i possibili dazi
all’orizzonte sulle nostre merci, la richiesta di adeguare gli stanziamenti per
NATO al 5% del PIL quando tutti, a parte la Polonia, hanno difficoltà ad
adeguarsi al 2%, il quadro sembra a tinte fosche.
Le
richieste di aumento dei finanziamenti NATO sono, inoltre, il preludio al
disfacimento totale dell’Alleanza cambiando totalmente il gioco, compreso il
tavolo.
Avremo
modo di tornare sull’argomento, e dovremo farlo a puntate, ma intanto il
realismo di Trump indica che lui ha ben chiaro che il mondo è ritornato
multipolare e che oggi gli USA non sono in grado di fronteggiare Cina e Russia
contrapponendosi ad esse.
Non
è un caso che la telefonata successiva l’abbia fatta proprio a Xi Jingping, che
non aveva neanche nominato nella famosa intervista, ed ha avuto la sensibilità
di farci sapere anche i tre argomenti di cui hanno parlato e su cui i cinesi,
confermando la telefonata, hanno sorvolato: commercio internazionale, TikTok e fentanyl.
Sul
commercio internazionale approfondiremo, ma intanto è sconfortante vedere come
molti commentatori economici abbiano interpretato l’aumento delle esportazioni
cinesi di oltre il 10% (10,7) su base annua a dicembre 2024 andando ben oltre
le previsioni massime degli analisti. Molti l’hanno descritto come una ripresa
della Cina dall’appiattimento degli ultimi tempi.
A
mio parere è solo una risposta difensiva di molte aziende occidentali che, in
previsione dei dazi che Trump applicherà ai prodotti cinesi, hanno effettuato
acquisti aumentando le proprie scorte.
Ho
già detto in altre occasioni che la Cina è alla disperata ricerca di clienti,
ma questa volta Xi non si lascerà trovare impreparato come nel 2016, con la
prima presidenza Trump. Ha già preso contromisure preventive, ad esempio
limitando le esportazioni di materie prime strategiche, e Trump sa bene che una
guerra di questo tipo non avrebbe vincitori.
Per
il Fentanyl il problema è urgente e da risolvere subito. Da noi se ne parla
poco, ma negli USA il Fentanyl sta facendo stragi e non solo di giovani.
Tik
Tok, prego non ridere, sarà uno dei problemi principali. Soprattutto dopo che
Zuckerberg (Facebook – Meta) e Bezos (Amazon) si sono affrettati a salire sul
carro del vincitore dopo anni di dura lotta per fermarlo.
L’obiettivo
primario di Trump, quindi, è l’Europa che rimane ignava ed immobile, senza
guida e orientamenti, incapace di reagire e forse neanche in grado di
comprendere le sfide che si approntano. Le pastoie burocratiche e l’incapacità
dei burocrati passacarte di Bruxelles di vedere al di la del proprio naso (per
ignoranza o connivenza), ci condanna all’irrilevanza assoluta.
Ma
tornando agli USA ed a Trump possiamo chiederci come cercherà di muoversi,
anche con la possibilità di essere smentiti dal discorso di insediamento che
avverrà fra poche ore.
Trump
eredita una nazione dilaniata, impoverita e sfiduciata. La classe media è quasi
sparita anche se virtualmente continua ad essere il pilastro portante della
nazione. Con uno stipendio di 4 – 5.000 Dollari si arriva a stento a fine mese,
mangiato da inflazione, tasse, bollette, aumenti di elettricità e gas che
ingrassano le aziende produttrici che guadagnano molto di più vendendo
l’energia a noi europei ma opprimono il ceto medio che annulla le spese
voluttuarie per arrivare a fine mese.
Il
solo aumento dei dazi, lungi da poter operare come bacchetta magica per
riportare a casa le manifatture dislocate in Cina, aumenterà ancora di più
l’inflazione che già tanti danni ha fatto.
Deve
anche iniziare a pensare alle elezioni di medio termine del 2026 che,
politicamente parlando, sono dietro l’angolo. Adesso i Repubblicani hanno il
controllo sia della Camera che del Senato, ma alla camera la maggioranza è
risicata ed una fronda interna è più perniciosa dell’opposizione democratica
che, oltretutto, potrebbe affermarsi fra due anni.
Non
è che i democratici siano messi meglio, quindi veniamo al discorso di commiato
di Biden.
Quì
è bene concentrarsi su quello che ha detto, già grave, ignorando quello che ha
taciuto.
Biden
ha dichiarato che ha deciso di farsi da parte, dopo il noto dibattito
televisivo con Trump, per “non far perdere le elezioni ad un partito che non
era unito”. Nonostante le sue convinzioni personali esternate in una delle
sue isolate sortite (E’ presuntuoso dirlo, ma penso che in base ai sondaggi
avrei vinto), è stato obbligato, pardon “consigliato”, a farsi da parte.
Un
partito Democratico dilaniato al proprio interno, quindi, è uno degli aspetti,
al solito palesi e taciuti, che ci viene consegnato dal commiato di Biden.
L’altro
aspetto, il resto è piattume, è aver messo in guardia gli americani da un
possibile abuso di potere.
Effettivamente
sembra che i pesi e contrappesi della democrazia americana siano totalmente
saltati. Il congresso è in mano ai repubblicani, sia Camera che Senato, la
Corte suprema è a maggioranza conservatrice, il consenso che Trump ha nella
società civile va molto oltre il margine elettorale, già ampio di suo.
L’appoggio (anche se interessato) dei Social e di Amazon, oltre che di Musk,
gli dovrebbe consentire margini di manovra che pochi Presidenti hanno mai
avuto.
Personalmente
ho timore di questa concentrazione del potere nelle mani di una sola persona,
ma per quest’aspetto ritorno a quanto detto all’inizio: aspettiamo i fatti,
oltre le parole.
Se
sto parlando di quest’aspetto del discorso di Biden è solo perché il mio timore
è ancora maggiore se penso alle inconsulte reazioni finali di una bestia
mortalmente ferita, quale è il potere globalista come finora lo abbiamo
conosciuto.
Il
discorso finale di Biden a me sembra quasi a metà tra il bue che accusa l’asino
di essere cornuto ed una sorta di autodenuncia che sfiora un “muoia Sansone con
tutti i filistei”.
Gli
appoggi infiniti che il sistema di potere vigente ha finora indifferentemente
avuto, sia sotto bandiera democratica che repubblicana, dovrebbe farci
sganasciare dalle risate anche solo a sentir parlare di abuso di potere. Trump
ha sparigliato le carte rispetto al giochino di presentare come contrapposti
due partiti e due visioni che, in realtà, sono solo la diversa angolazione di
una unica visione degli interessi americani a loro volta indirizzati agli
interessi inglesi ed ancora più in alto a quelli israeliani, per non dire ebrei
che suona male.
Le
sfide di Trump vanno ben oltre quanto detto finora. La stessa stupidaggine che
ci viene raccontata, cioè che la cerimonia di insediamento sarà fatto
all’interno e non all’esterno a causa del freddo, la dice lunga sul timore di
attentati, che possono troncare la vita stessa di Trump.
Non
solo una diversa visione del mondo separa Trump dalle elite globaliste che
finora hanno manovrato a Washington, e di riflesso in tutte le cancellerie del
mondo, ma anche le notizie che potrebbero venire fuori semplicemente facendo
affiorare alcune verità eccellenti.
Dallo
stato miserrimo dell’economia americana alle vere informative in possesso
dell’FBI e della CIA, anche usate per incastrare Trump. Dai retroscena del
colpo di Stato e della guerra in Ucraina a quelli dei rapporti con Israele e
con l’anglosfera della City di Londra.
Per
non parlare di quella più plateale ed immediata della vera storia di Jeffrey
Epstein, di cui abbiamo già parlato in diverse occasioni, dei rapporti con il
mondo della finanza e della droga, con i servizi segreti israeliani e di mezzo
mondo, con la pedofilia e gli scandali sessuali in cui sono pesantemente
coinvolti i Clinton e molta parte dell’elite americana.
Ci
sarà molto da dire e da vedere, altro che Tik Tok. Al momento aspettiamo
l’insediamento.
Vincenzo
Fedele
Nessun commento:
Posta un commento