sabato 22 febbraio 2025

TRATTATI COME PERICOLOSI TERRORISTI

Questa ve la devo proprio raccontare, perché fa capire il “clima” in cui viviamo, nell’attuale Italietta che sembra avere smarrito ogni forma di sano buon senso. Beh, il fatto è molto semplice, di per sé: si tratta di una visita agli ex-studenti dell’anno scorso. Voi direte: e allora, dov’è il problema?

Sentite un po’ la storia: ieri, 21 febbraio 2025, venerdì, avevo una mezza idea di recarmi nel mio ex-Istituto Marie Curie/Piero Sraffa. Già, “ex” in quanto sono felicemente andato in pensione il primo di settembre 2024. Mi alzo la mattina presto perché dovevo fare degli esami all’Ospedale san Luca, che è dietro casa mia, poi ciondolo per casa, ancora indeciso sul da farsi. Poi improvvisamente mi arriva un messaggino da parte di un amico insegnante di informatica che era al Curie/Sraffa l’anno scorso a che adesso ha scelto un’altra scuola. Lui mi dice: “Vado a trovare i ragazzi a scuola: vieni anche tu? Io prendo la palla al balzo e mi decido subito per il “si’”: esco velocemente di casa e mi incammino a piedi, in quanto adesso voglio seguire il mio contapassi e quindi approfitto di qualunque occasione per fare una passeggiata.

Giungo alle 10.30, orario che avevamo concordato per essere dai ragazzi durante il primo intervallo, che è dalle 10.50 alle 11.10, per non disturbare le lezioni. Vedo il mio amico, che invece è arrivato in macchina; ci salutiamo ed entriamo. Scriviamo i nostri nomi all’entrata sul libro delle presenze e ci rechiamo nelle aule dei nostri ex-studenti.  A dire il vero adesso non è più neanche facile trovare gli studenti, in quanto il Curie/Sraffa ha adottato la sperimentazione Valditara secondo la quale ora sono le classi a spostarsi, mentre il docente rimane nella sua aula. Ciò ingenera un movimento continuo di studenti e chi viene da fuori non sa più come riuscire a trovare i ragazzi che cerca.

Comunque dopo un po’ li troviamo, e le classi del mio amico gli fanno una grandissima festa, anche perché lui li aveva accompagnati in viaggio d’istruzione a Palermo e gli aveva proposto anche dei progetti da seguire. Anche di me sono contenti, ma un po’ meno, in quanto questa era la terza volta che andavo a salutarli. Stavolta mi avevano detto: “Prof., venga che l’applaudiamo” per la scelta di finanziare un pozzo per estrarre l’acqua in Camerun, sulla quale ero stato intervistato e che li aveva molto entusiasmati.

Fin qui nulla di strano, direte voi: è normale che due insegnanti tornino a salutare i loro vecchi studenti e che questi li acclamino.

Ma adesso arriva il bello: mi si para dinanzi la preside, accompagnata da una delle collaboratrici, in atteggiamento minaccioso, con i pugni sui fianchi, e mi dice perentoriamente: “Lei non può stare qui”. “E perché?” chiedo io. “Perché non ha la mia autorizzazione”, ribatte la preside, e aggiunge: “Avrebbe dovuto mandarmi una e-mail chiedendo il permesso di recarsi a scuola; gli estranei non possono entrare senza autorizzazione”. E conclude: “Lei se ne deve andare dalla scuola”. Io sono allibito, ma rispondo: “Lei non ha il diritto di mandarmi via dalla scuola”. E a questo punto la preside pronuncia la sua frase fatidica, che secondo lei dovrebbe far capitolare il “ribelle”: “Adesso chiamo i carabinieri!”. Io cerco di mantenere la calma, perché purtroppo ho insegnato per decenni diritto e so benissimo che le forze dell’ordine intervengono solo se c’è la commissione di un reato oppure il fondato sospetto che questo avvenga, non per cacciare un insegnante che è venuto a salutare i propri ex-studenti. Comunque mi rivolgo alla preside e le chiedo “Ma lei ha il senso della realtà?” Poi guardo il gruppo di ragazzi che nel frattempo si erano radunati davanti a noi per assistere allo “spettacolo”, e dico: “Ma non è normale, questo non è normale!”

La preside si allontana e io vado alla ricerca del mio amico; lo vedo discutere con la vicepreside, che gli dice “Lei non può stare in questa zona”; lui risponde: “Ora mando una PEC al ministero per segnalare questo fatto”. Poi andiamo via, il mio amico ed io, sia perché non vogliamo continuare queste discussioni sterili sia perché ormai l’intervallo è finito. Usciamo perciò dalla scuola, seguiti fin sulla porta dalla collaboratrice, che con piglio arcigno vuole assicurarsi che veramente ce ne andiamo dall’Istituto.  

Siamo sconvolti dal trattamento che ci hanno riservato, manco fossimo dei pericolosi terroristi o degli spacciatori di droga venuti a rovinare i minorenni! Parliamo delle azioni che potremmo intraprendere, soprattutto quella di rilevare quanto accaduto alle autorità e anche ai giornalisti.

Commenti degli adulti: uno dice: “Si’, è assurdo. Ha fatto così anche con due ex-insegnanti. Lei è la padrona della scuola”. Un altro: “Ma cosa dici, è una vergogna. Però quella la fanno entrare” (una addetta scolastica, ora in pensione, molto “collaboratrice”). E un terzo: “Sì, ma anche quell’altra la fanno venire, quella che era in aula docenti, che gli faceva gli addobbi in ogni occasione”. C’è poi chi si chiede: “Ma quale “autorizzazione” è richiesta per far visita ai propri studenti? Bisogna scrivere in anticipo alla preside ed avere il suo consenso scritto prima di poter fare una tranquilla visita di saluto agli studenti?”

E i ragazzi: “Prof., ritorni lunedì, come sfida”; “Tanto mal che vada chiamano i carabinieri, ma non possono fare nulla”; “Al massimo si lega ad un termosifone”; “Con le manette”; “Lei deve mantenere la sua posizione, se fossi in lei ritornerei tutti i giorni”. Oppure: “Sono veramente sconvolta da quello che ha dovuto subire”; “No, prof. ma dove siamo finiti. Mi dispiace molto ci si rivede un’altra volta”.

 Pietro Marinelli


venerdì 21 febbraio 2025

LETTERA APERTA A MATTARELLA

 del prof. Augusto Sinagra

"Egregio Signore, per lungo tempo abbiamo assistito a sue firme di convalida di decreti-legge o di promulgazione di leggi di dubbia costituzionalità a parere di molti. Prescindo dalle sue conoscenze del diritto costituzionale ma molti hanno pure nutrito il dubbio in ordine alla sua consapevolezza.

Ora accade che dopo la gravità delle sue dichiarazioni a Marsiglia lei, pensando di giustificarsi, ha aggravato la situazione affermando a Cettigne (Montenegro) che la Russia deve rispettare la Carta dell’ONU e astenersi per il futuro dall’aggredire altri Stati.

Premesso che la Russia storicamente non ha mai aggredito nessuno e, viceversa, è stata sempre aggredita (anche dall’Italia nel 1941) e premesso anche che la veste da “vecchio saggio” non le si addice quanto alla saggezza, le ricordo che, secondo la Costituzione, non appartiene alle competenze del Capo dello Stato la gestione o l’orientamento della politica estera della Nazione, che è prerogativa del governo e del parlamento.

Conseguentemente si potrebbe opportunamente riflettere sulla possibilità che la sua condotta possa configurare, sul piano tecnico- giuridico, l’ipotesi dell’”attentato alla Costituzione della Repubblica” che, in caso di stato di messa di accusa, comporterebbe il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale.

Tuttavia, al di là di ogni considerazione tecnico-giuridica, resta il giudizio politico e storico che graverà sulla sua persona.

Nel merito lei dovrebbe ben sapere che il diritto internazionale conosce l’Istituto della “legittima difesa preventiva”.

Come pure dovrebbe sapere che proprio la Carta dell’ONU da lei evocata consente il legittimo intervento armato di uno Stato contro altro Stato se ciò appare veramente finalizzato a porre fine ad una violazione sistematica e massiccia dei diritti umani fondamentali.

A cominciare dal diritto alla vita.

È esattamente ciò che è accaduto nel Donbass, in Ucraina, dal 2014 e fino all’intervento militare russo del 2022.

Le sue improvvide dichiarazioni espongono a serio pericolo gli interessi della Nazione e i suoi cittadini.

Le sue dichiarazioni sembrano difendere gli interessi dell’Unione europea più rivolta verso un’opzione militare che di pace; una Unione europea ormai in stato di putrescenza morale, politica ed economica, come ben detto dal Vicepresidente USA Vance che questa Unione europea ha “schiaffeggiato” quasi con brutalità in occasione del Vertice di Monaco sulla sicurezza.

RPicordo inoltre che lei era Vicepresidente del Consiglio e Ministro della Difesa nel governo D’Alema quando l’Italia intraprese un’azione di aggressione bellica sotto comando USA senza alcuna autorizzazione dell’ONU e senza neanche una deliberazione della stessa NATO; aggressione bellica che vide pesanti bombardamenti della Serbia (nostra storica amica) e della sua capitale Belgrado.

E ciò con buona pace dell’art. 11 della Costituzione che consente soltanto la guerra difensiva.

Dunque, egregio Signore, non crede che il suo non richiesto ammonimento alla Russia in Montenegro debba essere rivolto ad altri Stati, a cominciare dalla stessa Italia?

Da ultimo, registro che proprio oggi, con fasti e onori lei ha ricevuto il Signor Isaak Herzog Presidente dello Stato di Israele che ad oggi ha disatteso ben 73 Risoluzioni dell’ONU e che si è consegnato al vituperio delle genti per quel che ha fatto e continua a fare nel preordinato e continuato sterminio del Popolo palestinese.

Lei non ha nulla da dire allo Stato di Israele in tema di rispetto dello Statuto delle Nazioni Unite?

Ancora la invito calorosamente a presentare sue pubbliche scuse al Presidente e al Popolo russo.

Prof. Avv. Augusto Sinagra (Giá Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Universitá degli Studi “La Sapienza” di Roma. Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale (fascia A) ed avvocato del Foro di Roma)

Telegram: https://t.me/carmen_tortora1

giovedì 13 febbraio 2025

INTERVISTA A PIETRO MARINELLI SUL VIAGGIO IN CAMERUN

 


Questa intervista è stata fatta a Pietro Marinelli, docente di economia politica e diritto, in pensione dall'Istituto Marie Curie, ora docente di storia ed educazione civica presso la scuola parentale Montessori Villacolle. 

Agli inizi di novembre '24 Pietro si è recato in Camerun, per l'inaugurazione di un pozzo nel villaggio di Foutchouli, nel Comune di Dschang, nell’ovest del Paese. E‘ stato invitato perché ha finanziato tale costruzione, che serve in particolare alla scuola materna del villaggio. 

 

Alcuni ragazzi della scuola Villacolle gli hanno rivolto alcune domande: 

 

Come hai fatto a sapere che c’era bisogno di te?

 

E’ stato tutto originato da un incontro, anzitutto con un padre del Pime camerunense, Arsène, per la cui ordinazione ero andato in Camerun. Una volta lì mi ha fatto conoscere un suo amico, Jean Luis, ingegnere. 

 

Qual è stato il tuo contributo al progetto? 

 

Beh, innanzitutto ci siamo conosciuti, abbiamo parlato molto e poi dopo tanto tempo Jean Luis mi ha fatto una proposta, che era appunto quella di aiutarlo nella costruzione di un pozzo per la scuola materna del suo villaggio. C'era bisogno di un sostegno economico ed io mi sono reso disponibile. 

 

Chi ha costruito il pozzo? 

 

La società di costruzioni di Jean Luis si è occupata della realizzazione, con l'aiuto finanziario mio appunto, del „forage“, cioè del pozzo per estrarre l’acqua, mentre il Comune di Dschang, del quale fa parte il villaggio di Foutchouli, della costruzione della scuola materna. 

 

Quanto tempo hanno impiegato per costruire il pozzo? 

 

Più o meno tre o quattro mesi, mentre per la scuola ancora di piu', circa sei. Il 2 Novembre del 2024 c'è stata l'inaugurazione di entrambe le strutture. Sono stato invitato a questo evento da Jean Luis, ma prima ho dovuto fare il visto, che ha tempi lunghi. Durante il mio soggiorno in Camerun sono stato accolto con una grandissima ospitalità. Ovunque vai ti offrono cibo e bevande (io sono ingrassato di 2 chili!), in qualsiasi occasione, dai battesimi ai matrimoni, agli eventi più semplici.

Mangiano moltissimo riso, con carne, spezzatino di pollo, ma anche tanto pesce, considerata poi la posizione del Camerun che dà sul mare, è un alimento piuttosto presente. Bevono anche molta birra, che autoproducono. Il momento del pranzo per gli africani è molto importante, c'è condivisione. Mangiano con le mani, un pò in tutta l'Africa, come del resto anche in gran parte dell'Asia. Si mangia con la mano destra, quella più nobile, mentre quella sinistra serve per lavarsi e fare “le cose sporche”. 

 

Come vivono in Africa? 

 

Dipende dai posti. Nella capitale, Yaoundè, si vive abbastanza bene, mentre nei villaggi si fa molta fatica. Ci sono però alcune zone di guerra: in Camerun ce ne sono due principalmente, una al nord ed una all'ovest; come in ogni guerra la prima cosa che viene distrutta è l'economia. Lo vediamo anche oggi, che ci sono tantissime situazioni di conflitto di cui non si parla mai. In realtà nel mondo attualmente ci sono circa 140 guerre! 

 

Ci sono tanti poveri in Africa? 

 

Noi pensiamo sempre che in Africa siano tutti poveri, invece è un continente molto diversificato. Ci sono tanti stati, ed anche all'interno di ogni stato ci sono tradizioni e situazioni diverse. Già solo in Camerun ci sono circa 30 dialetti diversi, non sempre comprensibili da zona a zona; per questo per comunicare tra loro le persone utilizzano il francese, che è la lingua comune. 

L'Africa non è ovunque povera, anche se il suo prodotto interno lordo è uguale a quello italiano! Che è assurdo...un continente di un miliardo e trecento milioni di abitanti che produce quanto uno Stato di sessanta milioni. Come mai questo? Perché il lavoro è interno, nel senso che ciascuno a produrre per la propria famiglia, il proprio villaggio o il proprio stato, per la propria zona. Non pensano a produrre per vendere, per intenderci, ma per vivere loro; non c'è granché il concetto di vendere all'esterno.  Non essendoci grande vendita, non c'è molto commercio. E l’autoconsumo non rientra nel PIL, per cui sembra che l’Africa sia molto più povera di quanto lo sia effettivamente. Anche il paesaggio è diversificato: è vero che ci sono le capanne, ma anche palazzi di muratura e case molto belle.. Nella capitali ci sono anche dei bellissimi grattacieli! Per esempio la casa di Jean Louis, che mi ha ospitato, era bella, sembrava quasi una casa colonica, a due piani e spaziosa. 

 

(intervistatori: Adamo Classe IV, e Simone L. Classe III) 


venerdì 7 febbraio 2025

DESTRA PER MILANO, SERVE CAMBIARE ROTTA - INTERVISTA A MAX FRANCIOLI




Vi proponiamo una lunga e articolata intervista politica, sulla città metropolitana di Milano, rilasciataci dall'avvocato Max Francioli, vice presidente dell'Unione Patriottica, movimento culturale e di opinione, indipendente e apartitico ma vicino al centrodestra. Francioli proviene da una famiglia di solidi e concreti imprenditori del nord, frequenta numerose associazioni culturali e di categoria, è cavaliere di diversi ordini cristiani, e non ha mai nascosto le proprie idee marcatamente di destra sociale e identitaria. Persona sempre elegante e affabile, grande PR, per il suo attivismo e presenzialismo, oramai a Milano è soprannominato amichevolmente come "Avvocato Prezzemolo", e, in molti gli chiedono di scendere in campo alle prossime elezioni comunali.

 

1) La questione sicurezza è diventata primaria, in centro come nelle periferie. Cosa dovrebbero fare le istituzioni?

 

La destra deve promuovere la difesa naturale della comunità locale e dei quartieri abbandonati dalle élite globaliste in Milano e provincia. Bisogna riappropriarsi del territorio partendo dalle periferie fino ad arrivare al centro; tutelare l’identità milanese e il tessuto sociale tradizionale ovvero gli esercizi di vicinato, che sono il fulcro dei quartieri, concentrandosi sul concetto di preservazione culturale e di coesione della comunità come necessità per una Milano più sicura.


Presentare la promozione di controlli su immigrazione come una soluzione che protegge sia i milanesi che gli immigrati legali, quindi incentivare gli esercizi di vicinato con incentivi fiscali, promuovere sicurezza privata con detrazioni fiscali, promuovere sicurezza con ausilio di droni, aprire "info point" di quartiere con utilizzo di anziani in pensione e giovani in cerca di occupazione, ove raccogliere esigenze e segnalazioni del quartiere, creare reti di quartiere, passaggi obbligati di pattuglie dei vigili in fasce d’orario in particolare nelle ore serali. 


Garantire spazi in ogni quartiere per animali domestici ove intrattenerli, creare "info point" non solo per la sicurezza ma anche perché sono luoghi ove lasciare l’animale domestico “parcheggiato” a volontari , ove dare anche assistenza gratuita legale e psicologica a donne e famiglie da parte di professionisti in pensione oppure a giovani tirocinanti.

 

2) Fra le concause di questa insicurezza vi sono certamente l'immigrazione clandestina e la mancata integrazione di seconde e terze generazioni di immigrati. Come risolvere queste due problematiche?

 

Le proposte della destra devono essere in un'ottica di sicurezza e difesa della proprietà privata. Creare "zone sicure della comunità", come già detto, creare punti di incontro gestiti da cittadini pensionati dove si possono notificare i problemi sociali registrati nel quartiere, sul modello dei "neighbourhood watch" dell'Europa del nord. Creare una "Carta del patrimonio milanese", per permettere ai pensionati registrati milanesi di accedere gratuitamente a tutte le strutture museali e culturali comunali per un massimo del 20% dei biglietti disponibili. Promuovere il programma "pensiero milanese" per la lettura in classe nelle scuole di libri di letteratura milanese e dialettale per il 20% di quelli letti a scopo didattico durante l'anno: Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria, Gadda e Marinetti. 


Promuovere un premio annuale per studenti che competono alla recita a memoria di testi di letteratura milanese, sul modello delle competizioni di matematica per studenti. Eliminare programmi comunali che offrono servizio in altre lingue che non sia l'italiano. Introdurre premi annuali per gli studenti e scuole che adottano un' uniforme scolastica obbligatoria. Eliminare il supporto economico e logistico a programmi culturali che promuovono culture non italiane. Creare uno schedario comunale che permetta ai vigili urbani di registrare immigrati illegali per ogni quartiere sulla base delle utenze allacciate in ogni immobile e non solo sulla base della denuncia in questura antiterrorismo. Imporre la registrazione con documento di residenza per accedere a qualsiasi servizio comunale. Promuovere una riduzione del 20% delle tasse comunali per aziende che assumono cittadini residenti in Milano

con meno di 20 anni.

 

3) Il costo degli affitti e della vita a Milano sta diventando insostenibile, causando il suo spopolamento oltre che una forte crisi sociale che sta distruggendo il ceto medio e impoverendo la borghesia produttiva, un tempo, spina dorsale di Milano e della Lombardia...

 

Le proposte della destra devono essere in un ottica di libero mercato e difesa della proprietà privata. Servono azioni di mercato. Ridurre tasse comunali al proprietario che firma contratti di affitto sotto del 20% del prezzo medio di mercato stabilito dall' ISTAT. Facilitare le licenze comunali per le costruzioni, con riduzione dei tempi del 20% rispetto ai minimi ufficiali per espletare la pratica con premio ai dipendenti comunali. Ridurre tasse comunali di urbanizzazione del 20% per i costruttori di immobili sotto i 200.000 euro di prezzo di mercato. 


Agevolare la conversione di spazi commerciali in spazi residenziali con licenze di costruzioni agevolate con riduzione dei contributi e tempi del 20%. Proporre una "Milano compatta" con più alte densità di abitanti con aumento del 20% del numero di piani permessi dal piano regolatore vigente nelle zone di nuova urbanizzazione, come zone industriali e commerciali dismesse. Promuovere la conversione agevolata di zone industriali dismesse che promuovono il 40% della superficie per conversione a parco urbano verde. E questo parco sia cintato ad uso esclusivo di famiglie con almeno un figlio in età minore e con animali domestici. Ridurre del 20% le tasse comunali per i negozi commerciali con più di 40 anni di attività e con passaggi generazionali in famiglia.


Creare la certificazione "'Made in Milano” per produzione locale sul territorio della provincia. Creare un fondo municipale per proteggere negozi tradizionali con più di 50 anni di attività da aumento di affitto con contributi del 20% dell'aumento. Lanciare il programma "Casa Milano" riservando il 20% delle nuove proprietà a tutti i residenti con più di 20 anni di residenza in città, con anzianità come selezione graduatoria. 

Promuovere edilizia convenzionata sì  allo sviluppo immobiliare ma con quote garantite all’edilizia convenzionata. 

 

4) Altre lamentele sono rivolte contro i dilaganti parcheggi a pagamento, le folli piste ciclabili , le buche nelle strade e le multe fatte solo per fare guadagnare il Comune...

 

La risposte a queste sfide di mobilità urbana e infrastrutture devono essere riunite in una complessiva riforma delle politiche del parcheggio. Ridurre le zone di parcheggio a pagamento con reintroduzione di strisce bianche in ogni via a 20:80 con quelle blu. Aumentare zone residenziali con permesso di parcheggio per solo residenti del 20%. Ridurre il costo del parcheggio in strade con numerosi negozi del 20%. Convertire piste ciclabili in parcheggi in strade con più negozi. Reintrodurre le auto dove le piste ciclabili hanno scarso uso. 


Implementare una squadra di pronto intervento comunale per riparare buche in 20 giorni dalla loro identificazione ufficiale sul portale comunale. E' necessaria una generale migliore manutenzione delle infrastrutture. Bisogna creare un portale sul sito del Comune nel quale si possa riportare la presenza di buche con foto e mappe. Introdurre soluzioni "Smart City" per identificare le buche, anche in collaborazione con aziende di mappe e navigatori satellitari. Privilegiare le riparazioni delle strade piuttosto che investimenti in nuovi trasporti come per esempio le biciclette. Ridurre l’"area c" sia come orari che come tariffa in base alla tipologia di autoveicolo che accede alla stessa; mi spiego meglio: ovvero l'autovettura grande paga di più che veicolo inferiore in base a cv fiscali; in questo modo sarebbe parametrato al reddito l’accesso. 

 

5) Le elezioni amministrative del 2027 si stanno avvicinando e il centrodestra non ha ancora un candidato sindaco. Quali strategie politiche e nominativi suggerisce il candidato di destra?

 

Il candidato di destra dovrebbe presentarsi con un programma di "atto puro" piuttosto che un programma "statico", per usare le parole del grande pensatore Giovanni Gentile. La sua strategia deve evitare la divisione fra una pianificazione astratta ideologica divorziata dalla realtà sul territorio milanese. La sua strategia deve evitare di essere intrappolata in superati modelli statalisti e promuovere collaborazioni con aziende private in ogni iniziativa se pratica. 


Deve mantenere flessibilità e adattabilità a un contesto altamente dinamico: guerre dall'Est del Mondo, immigrazione dal Sud del Mondo e dazi commerciali dall' Ovest del Mondo. Deve sviluppare una visione generale di Destra attraverso soluzioni particolari locali al contesto milanese. Il suo programma deve saper cambiare ed evolversi, una volta applicato e testato sul territorio milanese. Deve rendersi conscio che la forza che domina il discorso politico oggi è il "tempo". Oggi tutto cambia velocemente e bisogna essere capaci di rispondere rapidamente alle sfide della tecnologia e globalizzazione: airb&b / uber / AI / tesla sono soluzioni americane a problemi urbani che cambiano le città, incluso Milano. 


Il candidato di destra deve avere un immagine pulita priva di qualsiasi traccia di corruzione. Deve essere in grado di unire sia il voto tradizionale di destra ideologico che attrarre il voto moderato e camaleonte di centrodestra nonché riportare al voto la massa di soggetti che non esercitano il loro diritto. La strategia della sua campagna si deve focalizzare sull'attenzione ai problemi sul territorio piuttosto che su astratte battaglie ideologiche con la sinistra globalista e immigrazionista. Ripristino della tradizionale forza economica di Milano come HUB della moda e gioia di vivere il bello. Proposte concrete su casa e mobilità e sicurezza:  "CMS" slogan. Creare un alleanza fra tradizionali elettori di destra e elettori delusi del centrodestra. I temi della campagna del candidato di destra: rinforzare il ruolo di Milano quale capitale economica dell' Italia padana, appoggiare la classe media e "operaia" milanese, proporre una gestione efficiente della città, favorendo nuove tecnologie quali l’adozione di autobus, dotati però di sistema di telecamere per garantire sicurezza e auto elettriche per migliorare la qualità dell'aria e l'inquinamento sonoro. Bisogna evitare esperimenti sociali. Proclamare orgoglio per le tradizioni e identità milanese, incluso il concetto di "città stato" per la sua organizzazione parzialmente indipendente da logiche nazionali. Tornare all’immagine di Milano città sicura laboriosa e locomotiva d’Italia che ancora oggi si riproduce nell’immaginario collettivo internazionale, il quale vede in Milano una scelta obbligata fra le tappe del turismo internazionale.


giovedì 6 febbraio 2025

LA "RIFORMA" VALDITARA


L’altro giorno ho deciso di andare a trovare i miei ex-studenti dell’anno scorso; mi organizzo in modo da essere lì per l’intervallo, così da non disturbare le lezioni, ed esco. Arrivato a scuola (il Curie/Sraffa di Milano) mi sembra di vedere strani movimenti di ragazzi, ma non ci faccio caso. Entro e chiedo di una delle mie vecchie classi, ma la bidella (pardon, la collaboratrice scolastica) mi dice: “Prof., adesso le classi non ci sono più”. “Come, non ci sono più? In che senso?” “Eh, prof, ora le classi si spostano ogni ora e vanno nell’aula dell’insegnante”. E mi indica l’aula nella quale fino all’anno scorso faceva lezione la mia classe: “Vede, questa è l’aula di Scienze; poi c’è l’aula di Matematica, poi quella di Diritto, e così via ….”.

Guardo in alto ed effettivamente, sulle aule, sono scritte le materie e non più le classi, come una volta. Mi rendo conto che adesso sono i ragazzi che si spostano, ad ogni ora, per recarsi nell’aula della materia che devono svolgere. Insomma, ora è l’insegnante che rimane fisso nella propria aula e gli studenti girano per l’Istituto andando verso la materia, ossia verso il docente che la spiega.

Mi viene osservato che questo è il sistema anglosassone, ma io ribatto che non è vero: anzitutto nella scuola americana non esiste il “gruppo classe”, in quanto gli studenti formano gruppi a seconda delle materia, mentre qui, con questa sperimentazione Valditara, rimane il gruppo classe. La conseguenza è che le classi si spostano ogni ora ma rimangono compatte: non si crea un gruppo nuovo ogni volta, a seconda della scelta della materia, ma restano la 1°A, la 1°B, la 1°C e così via. Si realizza in tal modo uno spostamento continuo delle classi ma non c’è alcun cambiamento nella didattica. I ragazzi perdono almeno dieci minuti/un quarto d’ora per recarsi nell’altra aula, ma, una volta entrati, tutto rimane assolutamente identico a prima. I programmi sono gli stessi, la lezione di svolge come sempre e gli alunni sono aggregati allo stesso modo di prima. Sento che le lamentele sono moltissime: gli studenti dicono che spesso negli spostamenti o perdono gli oggetti oppure glieli rubano (i furti sono aumentati esponenzialmente). Inoltre osservano che gli armadietti sono minuscoli, per cui non si riesce a farvi entrare i libri e i quaderni e molti sono costretti a portarseli sempre dietro nello zaino.

Uno, alla domanda: "Che cosa ne pensi di questa riforma?" risponde senza esitazioni: "A mio parere questa riforma è oscena, perché noi studenti dovremmo pensare a studiare le materie scolastiche, non a studiare la piantina della scuola". E un altro rincara la dose: "Il fatto che noi studenti di quinta anziché pensare alla maturità dobbiamo pensare a studiare la piantina della scuola da poter usare esclusivamente negli open day (dato che non ci sarebbero altri momenti per usarla) mi sembra surreale!".   

Il personale non docente lamenta l’aggravio di responsabilità dato da questi continui spostamenti dei ragazzi, i quali spesso non danno loro retta e quindi risultano impossibili da controllare. I docenti notano che è stato notevolmente diminuita, se non azzerata, la possibilità di avere un confronto, perché non c’è più alcun punto di contatto. Prima infatti, nel cambio dell’ora, gli insegnanti potevano scambiarsi delle impressioni o delle proposte o confrontarsi sugli studenti, mentre ora ognuno va per la sua strada senza incrociarsi mai con gli altri docenti.

A questo proposito un assistente tecnico mi fa rilevare che adesso diversi insegnanti si fermano nei laboratori, oltre il loro orario, per parlare tra loro, cosa che non è mai successa. Sentono l’esigenza di comunicare e di confrontarsi sulle questioni didattiche e non avendo altra possibilità, lo fanno in questo modo.

Io mi domando: quale sarebbe lo scopo di tutto ciò? Perché lasciare immutata la programmazione e la didattica e aumentare esclusivamente lo spostamento fisico delle classi? A chi serve tale apparente cambiamento?

Mi ricordo che Giulio Andreotti diceva: “A pensar male si fa peccato, però ci si azzecca quasi sempre”; credo che anche in questo caso valga la sua massima, perché a chi può servire l’azzeramento dei rapporti tra docenti e la riduzione del tempo di apprendimento per gli studenti?

A chi detiene il potere, che si trova ad avere insegnanti divisi e non coalizzati, che non si confrontano sulle questioni della scuola e quindi accettano supinamente qualunque cosa venga calato dall’alto. E i governanti otterranno anche studenti sempre meno preparati e perciò sempre meno coscienti dei loro diritti e della possibilità di protestare contro di loro.

lunedì 3 febbraio 2025

"DRILL, BABY DRILL", GAS E TRIVELLE ITALIANE

 



Gas: con Trump gli Usa aumenteranno le trivellazioni e l’Italia cosa farà?

“Drill, Baby Drill” (Trivella piccola trivella) con queste parole pronunciate durante il discorso di insediamento Trump ha indicato un punto fondamentale del Suo programma.

Infatti, se negli Usa si aumentano le trivellazioni e si mettono dazi sugli acquisti di petrolio canadese e messicano l’inflazione che colpisce soprattutto i ceti più deboli, diminuirà, aumenteranno i posti di lavoro e gli investimenti delle multinazionali (come Stellantis) che saranno stimolati dalla diminuzione delle tasse, altro punto cardine del programma di Trump.

Sarà, inoltre, possibile per gli Usa vendere energia all’Europa a prezzi ulteriormente maggiorati; tenuto conto che Zelensky continua a chiedere alle nazioni europee armi e denari, ma dal primo gennaio 2025 non ha rinnovato l’accordo di transito, quindi manca il gas che la Ue, via Ucraina, riceveva dalla “Cattiva Russia” e che costituiva il 6% del totale delle importazioni di metano. Questa è l’ennesima dimostrazione che la gratitudine non è di questo mondo.

Pertanto, i prezzi dell’energia in Italia sono aumentati dal 2025 come segue (Fonte: Sole 24 ore del 21 gennaio 2025):

ENERGIA ELETTRICA (rapporto € MEGA Wh)

ANNO 2024 ANNO 2025

€ 108,5 € 138,5

GAS NATURALE (rapporto € MEGA Wh)

€ 36,3 € 49,3

È di tutta evidenza che il costo di questi aumenti lo pagheranno i contribuenti.

L’Italia può aumentare i prelievi di gas come negli USA?

Teoricamente si

A fronte di un bisogno di gas di 70 miliardi di metri cubi, L’ Italia ha riserve stimate per circa 90 miliardi di metri cubi (studio: Cassa Depositi e Prestiti) delle quali viene estratto ogni anno circa il 5%.

Si può arrivare fino al 15% e aumentare la produzione delle energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico) dal 21 al 30%, diminuendo così le importazioni dall’estero.

Vi sono però delle difficoltà di non poco conto:

1. il Divieto, previsto dall’articolo 8 della Legge 6 agosto 2008 n.133, di estrazione nel golfo di Venezia al fine di evitare il rischio di "subsidienza", con questo termine è definito l’abbassamento del territorio costiero con compromissione dell’ecosistema. Si tenga presente che nell’Alto Adriatico vi sono giacimenti per 35 miliardi di metri cubi di gas;

2. i tempi burocratici e tecnici per la riattivazione o attivazione dei pozzi stimabili in circa 3 anni;

3. si devono effettuare appropriati studi di impatto ambientale

A questi fattori negativi si può ribattere che:

1. le trivellazioni si possono fare lontano dalle coste;

2. comunque, la decisione di procedere alle estrazioni avrebbe la conseguenza di aumentare i posti di lavoro, contribuendo a far crescere l’economia italiana che in questo momento è ferma;

3. la sola decisione dell’Italia di utilizzare appieno i suoi giacimenti di gas ne provocherebbe una diminuzione del prezzo alla borsa di Amsterdam.

Se si vuole però accogliere appieno le giuste richieste del Presidente di Confindustria Orsini di una forte diminuzione dei costi dell’energia per continuare a produrre e a crescere, vi è una sola soluzione: la pace con la Russia.

Giovanni Gibelli

sabato 1 febbraio 2025

USA E GETTA

 

     


                               

Mi sono francamente stancato di questa sudditanza psicologica nei confronti del gigante americano, che viene dimostrata in continuazione anche nel linguaggio. L’esempio più evidente è l’utilizzo, dato per scontato, dell’acronimo “USA”, che non ha senso nella lingua italiana. Io dicevo ai miei studenti. “Usa? Chi sta usando cosa? Usa e getta!”. E, all’osservazione che tale acronimo esiste nella lingua inglese, rispondevo: “if we were speaking english, we would say USA, but we are speaking italian, so we say SUA”. Che significa: se stessimo parlando in inglese, diremmo USA (iu-es-ei), ma stiamo parlando in italiano, perciò diciamo SUA. Infatti l’acronimo in lingua italiana deriva da “Stati Uniti d’America” e siccome la preposizione “d” viene omessa (altrimenti diventerebbe SUDA, che non suona molto bene da noi), risulta SUA. Che ha tre lettere esattamente come USA, quindi non è più lungo, come ossessivamente si sente ripetere dagli anglofoni ad ogni costo, i quali continuano a dire che l’inglese è più sintetico dell’italiano. Tesi che potrebbe essere facilmente smentita anche solo paragonando alcune delle parole più in voga: “rete” è più corta di “network”, ad esempio, “mangia” è più corto di “just eat”, e così via. Bisogna aggiungere poi che molte parole corte usate in inglese sono state inventate appositamente, ma non esistevano nella lingua correttamente parlata: “internet” è una contrazione di “international network”, “blog” è una sintesi di “web log” che in italiano sarebbe “diario in rete” o più semplicemente “diario”. Se fosse ancora vivo Gabriele d’Annunzio probabilmente si sbizzarrirebbe nel creare parole nuove in italiano; magari “blog” diventerebbe “diarettino”, che dà contemporaneamente l’idea del diario e della rete.

Il fatto è che attualmente, nella “serva Italia”, se non dimostri di sapere l’inglese non sei nessuno; nella “nave senza nocchiere, in gran tempesta” per dirla con il nostro padre Dante (1), sapere l’inglese è considerato assolutamente necessario per poter essere ritenuti persone di cultura. E così l’acronimo SUA viene utilizzato solo dal prof. Marinelli e da pochi altri. Come l’acronimo RUGBIN (Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord), perfetto per definire tale Stato e peraltro inventato da uno dei miei studenti di Corsico. Sarebbe giusto almeno dire, invece di UK (United Kingdom), RU (Regno Unito), ma anche qui il suggerimento della parola “rutto” probabilmente ne scoraggia l’uso.

Ma gli esempi sono moltissimi: dalla parola “step” che viene usata a piene mani invece di “passaggio” o “fase” (anch’essa di quattro lettere), al mitico “lockdown” invece di “chiusure”, “performance” invece di “prestazione”, che hanno la stessa lunghezza, etc. etc. E che dire delle parole latine che vengono scambiate per anglosassoni? “Sponsor” in latino significa “garante”; “media” in latino significa “mezzi”, e alcune parole latine sono direttamente entrate nella lingua italiana, come “virus” “tutor”, “plus” (che le persone ignoranti pronunciano “vairus”, “tiutor”, “plas”, applicando la pronuncia anglicana alle parole latine).

Insomma, è una nobile gara all’asservimento culturale da parte di una Nazione che di cultura ne ha da vendere, come la nostra. Dovremmo al contrario riscoprire la nostra storia, la nostra tradizione e soprattutto la bellezza della nostra lingua, del “bel Paese ove il sì sona”(2).

1)      “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)

2)      Inferno, canto XXXIII, v. 80;

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