sabato 28 giugno 2025

"NORMA" ALLA SCALA DOPO 48 ANNI

Ieri sono andato, con il Maestro Elvis Zini, alla prima di "Norma" alla Scala. Il capolavoro di Vincenzo Bellini non veniva rappresentato , nel Teatro Lirico più famoso nel mondo, dal 1977, quando lo diresse Gianandrea Gavazzeni. 

Ho chiesto al Maestro Zini di scrivere una recensione, che mi ha autorizzato a pubblicare. È molto "da esperto"; io glisserei sulle "intemperanze" dei loggionisti, che hanno rivolto un "buu" a Marina Rebeka (Norma), diversi a Freddie De Tommaso (Pollione) e hanno sommerso il regista di versi di disapprovazione. È stato contestato anche il direttore Fabio Luisi, a nostro parere immeritatamente. Noi abbiamo invece applaudito molto il fantastico coro e la commovente Berzhaskaya (Adalgisa).

Ma ecco la recensione.

"Il 27 giugno 2025 è andata di scena sulle assi del Piermarini la Norma di V. Bellini, celeberrimo titolo che non si sentiva al Teatro alla Scala da 48 anni.

La regia è affidata a Oliver Py, che si è regista ma principalmente cinematografico. Infatti è evidente il suo forzato desiderio di narrare in maniera forse troppo didascalica la vicenda tragica di Norma dilaniata tra il dovere sacerdotale e la sua bruciante passione per Pollione. Non si sa bene perché l'ambientazione stessa è traslata ai tempi del Risorgimento Italiano dove quindi i Druidi diventano il popolo italiano oppresso e i romani diventano gli invasori austriaci.

Ciò nonostante bisogna dar plauso ai bravissimi danzatori e mimi in scena che si sono trovati gioco forza ad invadere la scena o a fare da sfondo con coreografie di Ivo Bauchiero comunque ben congeniali.

La scenografia e i costumi di Pierre-André Weitz portano molti cliché tra i quali il metateatro in cui la Scala stessa diventa spettatrice del dramma belliniano , altresì i colori dominanti diventano il nero luttuoso che rappresenterebbe Norma, il bianco casto e puro di Adalgisa e lo ieratico oro.
Le luci di Bertrand Killy avvolgono bene la scena e rendono bene la freddezza di Pollione in contrasto con il calore,  anche materno,  di Norma.

Passando al cast, Marina Rebecka che interpreta Norma non brilla né in interpretazione né vocalmente,  canta tutto correttamente e ha una tecnica solida,  ma manca appunto quel fuoco tipico del personaggio. Anche il Pollione di Freddie De Tommaso ahimè risulta opaco e sempre al limite dello sforzo, venendo più volte fagocitato da orchestra , coro e solisti.
Eccellente prova esecutiva invece per Vasilisa Berzhanskaja che porta in scena un'Adalgisa intensa, emozionante ed emozionata e con una solidità vocale impressionante sia nel volume che nei filati setosi. Stentoreo e bronzeo il padre di Norma, Oroveso, interpretato dal celebre Michele Pertusi. Inaspettato quanto gradito il Flaviano di Paolo Antognetti, voce pulita e potente con una buona lama. 
Precisa e puntuale anche la Clotilde di Laura Lolita Preŝivana a cui si perdona un poco di emozione dato il debutto nel ruolo datole dall' Accademia Teatro alla Scala. 

Compattissimo e coinvolgente il coro diretto da Alberto Malazzi che lo prepara egregiamente. Verrebbe quasi da dire che buona parte della riuscita dello spettacolo sia da imputare al meraviglioso coro.

Alla bacchetta troviamo Fabio Luisi in splendida forma che conduce con passione  e padronanza impeccabile l'orchestra che lo segue in maniera perfetta.  Forse stacchi di tempo un po lenti rispetto alla tradizione ma era da tempo che non si sentiva l'orchestra della Scala così complice con il cast e il coro. 
In generale un ottima orchestra , un ancor più ottimo coro e V. Berzhanskaja che rifulge più della protagonista! 
Probabilmente se era da 48 anni che non si eseguiva il capolavoro del cigno di Catania un motivo c'era. 
Voto:  70/100"

Elvis Zini

Giovane direttore d'orchestra (28 anni), diplomato alla Civica Scuola di Musica "Claudio Abbado", Fondazione Milano; collabora con diversi Teatri ed ha al suo attivo Traviata, Cavalleria Rusticana e Pagliacci al Teatro Lirico di Magenta e un'altra Traviata con la Fondazione Piero Cappuccilli al teatro Bonoris di Montichiari (BS).

mercoledì 25 giugno 2025

SCOMODO, MA VERO

 


Ieri sera, 24 giugno 2025, sono andato ad un incontro sul “fine vita”, che si è tenuto al Centro Culturale “Rosetum” di via Pisanello, a Milano. Il titolo dell’evento era molto attraente: “Libertà o abbandono? Il grande inganno del suicidio assistito” e i relatori si prospettavano degni di essere ascoltati. Ha coordinato gli interventi Francesco Borgonovo, vice-direttore de “La Verità”, che ha parlato del rischio attuale di vedere i giovani “educati” dai mezzi di comunicazione di massa invece che da realtà che propongono positivamente la vita.

Antonio Brandi, Presidente di “Pro vita e famiglia”, ha insistito perché fosse proiettato un brevissimo “spot” dei radicali, vero e proprio messaggio pubblicitario, che chiedeva di “farsi avanti” per una sorta di “sperimentazione” della decisione di voler morire.

Borgonovo, a partire da questo, ha fatto molti riferimenti, cercando di buttarla sullo scherzo, ai radicali, a Marco Cappato, a quelli che vogliono andare in Svizzera per farla finita perché in Italia non è ancora permesso. Ha anche aggiunto che per lo Stato è molto più comodo ed economico aiutare a morire le persone gravemente ammalate piuttosto che cercare di curarle: una dose letale può costare anche solo due euro, mentre per le cure ne vengono impiegate migliaia. L’Italia poi è speciale per far sì che ai malati non siano seguiti come dovrebbero; sembra che solo tre su dieci malati terminali abbiano accesso alle cure necessarie. Solo solamente 14 i Paesi che hanno una legislazione sul fine-vita, e sono le Nazioni più ricche e consumistiche del globo. Canada, Belgio, Paesi Bassi, etc… Se l’Italia decidesse di approvare una legge sull’eutanasia sarebbe il 15° Stato a farlo; teniamo presente che nel mondo ci sono 196 Paesi che aderiscono all’ONU: questa è una problematica che non è per niente sentita in Asia, in Africa o in America Latina.

Poi ha dato la parola a Riccardo Cascioli, direttore de “La nuova bussola quotidiana”, che ha sottolineato come la tendenza del governo di centro-destra, nella questione del “fine-vita”, è quella di “agire prima della sinistra”, proponendo un disegno di legge incentrato sulle “cure palliative”. Questo atteggiamento della destra ha radici lontane, ha sottolineato Cascioli, che si possono far risalire al divorzio e all’aborto. In tutti questi casi la destra ha cercato il “male minore” facendo delle proposte di legge che però nella sostanza hanno legittimato un comportamento sbagliato.  Se porre fine alla vita di una persona è comunque da evitare non dovrebbe nemmeno esserci una legge su tale argomento. Anzi, una legislazione c’è già, per esempio sull’omicidio del consenziente: e allora che bisogno c’è di una nuova legge? Inoltre Cascioli ha evidenziato come, di fatto, la magistratura in Italia già da alcuni decenni abbia assunto il ruolo che spetterebbe al Parlamento. In una parola, la Corte Costituzionale finisce per decidere ciò che dovrebbe essere stabilito invece da una legge delle Camere. Anche le sentenze della Cassazione vengono considerate come dei “criteri” cui il legislatore si deve obbligatoriamente attenere.

In seguito ha preso la parola Maria Rachele Ruiu, di “Pro vita”, che ha fatto un intervento partendo dalla sua esperienza personale. La Ruiu era malata di cancro e aveva due figli piccoli, uno di un anno e mezzo e uno di tre, che le davano una forte motivazione per affrontare la malattia. Lei ha detto che i medici avevano fatto di tutto per salvarla dal cancro: allora come mai non fare lo stesso per un disabile? Perché polizia, carabinieri e personale medico cercano di dissuadere un “normo-dotato” dal buttarsi dalla finestra e invece cercano di favorire la morte del disabile? Poi la Ruiu ha posto l’accento sulle “cure palliative”, che però non devono essere considerate come il "toccasana" della questione. Ha notato inoltre che ai giovani viene proposto un modello competitivo: uno vale perché riesce a far qualcosa, ad essere in un certo modo: questo genera spesso frustrazione e una mancanza di accettazione di sè, perché non si riesca ad ottenere l'obiettivo agognato. Invece ciascuno vale "di per sè", per il fatto che c'è, ed è "utile" a tutti in quanto esiste, non in quanto riesce a raggiungere determinati obiettivi fissati dalla società.

Ma l’apporto più interessante e significativo è arrivato da Emanuel Cosmin Stoica, che ha parlato dalla sua sedia a rotelle, in un microfono che gli porgeva una ragazza. Emanuel ha esordito dicendo di vivere a Torino e quindi di avere qualche vantaggio in questo senso. Poi ha messo l’accento sulla mentalità dominante: “Voi non immaginate quante persone, anche di una certa età, anche di cultura, mi dicono: < Se io fossi nelle tue condizioni non so se ce la farei a vivere >.  C’è una propensione alla rinuncia a lottare per vivere che è impressionante, ha sostenuto; chi sceglie la vita viene ostacolato in tutti i modi, mentre chi opta per la morte si trova la strada spianata. Aggiunge poi che le persone colpite da disabilità non vengono nemmeno interpellate, anche perché non possono manifestare, in quanto spesso non riescono neanche ad uscire di casa senza essere accompagnati e non trovano nessuno che lo faccia.  Ha detto che la cosa più difficile da accettare è di dover dipendere dagli altri per qualunque cosa, anche per pulirsi il sedere, e quindi ha ringraziato la ragazza che gli teneva il microfono, presentandola come “la mia futura moglie”. Ma ciò che più mi ha colpito è che alla fine del suo discorso Emanuel ha proposto il suo libro, dal titolo emblematico: “Scomodo, come la verità”.

L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE GENERATIVA, LA NUOVA RIVOLUZIONE CULTURALE

 

L’Intelligenza artificiale (AI) è paragonata da qualche scienziato all’invenzione della Scrittura.

Credo sia importante comprendere il contesto informativo e culturale della realtà sorprendente che stiamo vivendo 

I sistemi software “tradizionali” sono Programmed Machine (PM) entità a comportamento programmato, sono sviluppati a partire dalla conoscenza di esperti, I quali scrivono specifiche, che devono essere sviluppate dai programmatori. Un esempio tipico è un programma paghe e contributi in cui l’esperto descrive come si applica la normativa di merito, il programmatore, conseguentemente, sviluppa un software eseguendo successioni predefinite di istruzioni. 

L’intelligenza Artificiale generativa (Learning Machine) invece è in grado di apprendere e di mettere in pratica quanto appreso. Le reti di neuroni artificiali sono diventate lo strumento per risolvere problemi complessi. Pertanto, i neuroni artificiali sono sottoposti ad addestramento, al fine di elaborare i dati che ricevono.

L’AI è oggi utilizzata nell’industria, anche in quella bellica (Leonardo), nella ricerca, nella sanità, nella cybersecurity

Cosa occorre per sviluppare gli algoritmi dell’intelligenza artificiale?

1, I Computer quantici molto più potenti di quelli a sistema binario. Si pensi che Napoli, all’Università Federico II, ci sono in funzione 2 Computer quantici, il più potente con processore di 25 qubit (l’equivalente del bit dei computer binari), vi sono anche i Super computer di Leonardo, di gestire miliardi di operazioni al secondo fra i quali il Davinci-1;

2. l’energia.  I Computer quantistici sono energivori.

3. I semiconduttori per i chip, da qui l’importanza delle terre rare.

4. Il fattore umano:

-gli annotatori di dati che etichettano dati di varia natura (testi, audio, video) che saranno trasmessi ai computer.

- gli addestratori, che devono sviluppare la capacità di apprendimento dei neuroni artificiali,

- i programmatori,

5. I Data Center per l’archiviazione dei dati, che si stanno insediando nelle aree industriali dismesse.

 IL Sole 24 ORE in due interessanti articoli ha illustrato due importanti esperimenti di impiego dell’AI:

Articolo del 12 giugno 2025 “dalla Sala Operatoria al Pronto Soccorso l’AI entra al Policlinico di Milano

dal prossimo autunno l’utilizzo dell’AI sarà esteso dai referti di radiologia a molte altre attività come agli interventi di Chirurgia Generale e alla Prima Assistenza del Pronto Soccorso fino alla diagnosi di alcune malattie rare. Il programma prevede che alcuni medici addestrino gli algoritmi, così da ampliare la Base statistica e permettere all’AI di essere il più precisa ed efficace possibile

 

Articolo del 20 giugno 2025 “Intelligenza Artificiale trasforma la logistica”

L’utilizzo dell’AI nelle imprese che si occupano di logistica riduce i costi, valorizza i dipendenti potenziandone le capacità. È citato il magazzino intelligente di Amazon, nato dal connubio tra algoritmi e lavoratori. In questo caso gli Ingegneri hanno assunto il ruolo di addestratori dell’AI.

 

Io non essendo un indovino, non so che evoluzione avrà in futuro l’intelligenza artificiale se dirigerà le industrie o governerà direttamente Stati. Ritengo però che avrà un importante futuro nelle nostre vite.

Forse è meglio dedicare risorse allo sviluppo dei computer quantici piuttosto che investire miliardi in armi che molto probabilmente non serviranno a molto e finiranno ad arrugginire nel deposito di Centa (Vc)

  L’ Italia, sviluppando la ricerca con adeguati fondi, grazie alle sue risorse tecnologiche e umane, potrebbe essere far parte di un polo europeo di AI in competizione con la Cina e gli USA. Non dimentico, a questo proposito, che il Davinci -1 è il quarto computer più potente al mondo e uno dei nostri scienziati(Parisi) ha ricevuto il Nobel per la fisica.

  Forse sarebbe meglio dimenticare la frase di Vegezio “se vis pacem para bellum”

Visto che si parla molto di Enrico Mattei si potrebbe continuarne la politica, comprendendo le ragioni di tutte le Nazioni, senza alcuna demonizzazione    e stipulando accordi di reciproca convenienza con i Paesi Produttori di energia Russia e Iran compresi.

 

Giovanni Gibelli

domenica 22 giugno 2025

IL DISEDUCATORE PLANETARIO

 Gli Stati Uniti hanno insegnato a tutto il mondo una lezione definitiva, scolpita nella roccia della storia, irrevocabile.

Nel nuovo mondo coraggioso che essi stessi hanno portato alla luce esisteranno solo due tipi di soggetti: i servi di bottega e i detentori di ordigni nucleari.

Se una nazione vorrà essere uno stato sovrano, indipendente, non dovrà solo avere un esercito, che di per sé può essere in gran parte decorativo: dovrà presentarsi come una credibile minaccia nucleare.

Da oggi, con tanti saluti ai trattati di non proliferazione nucleare, varrà il "liberi tutti" e i decenni a venire saranno decenni di rinnovata corsa agli armamenti di tipo terminale (per lo più clandestina, perché se ti sottoponi ai controlli internazionali, poi basta un Raphael Grossi a molla qualunque e ti ritrovi bombardato).

L'evidente colpa dell'Iran non è stata di essere una minaccia eccessiva, ma di non esserlo a sufficienza.
La sua colpa non è stata di essere immorale, ma di aver ecceduto - per gli standard internazionali correnti - in scrupoli morali.

Questo vale anche sul piano interno, per inciso. Se l'Iran fosse stato il terribile, occhiuto stato di polizia che viene dipinto essere, non avrebbe avuto decine di scienziati e vertici militari che dormivano a casa, in famiglia, con indirizzi pubblicamente reperibili. Nessuna infiltrazione dell'Intelligence di questo livello sarebbe potuta avvenire nei paesi del vecchio blocco comunista, precisamente perché erano stati di polizia. La paranoia che spesso viene irrisa nei film hollywoodiani sull'ex patto di Varsavia era in effetti realismo, in una guerra che si sapeva giocata con avversari totalmente privi di remore.

E' estremamente spiacevole dirlo, ma il problema dell'Iran è stato di essersi fidato troppo, di aver avuto fiducia nelle trattative, di aver avuto fiducia nell'onorabilità dei suoi avversari, o almeno nel loro senso di preservazione, nell'altrui attaccamento alla vita.

Una volta di più gli USA si sono dimostrati per eccellenza il Diseducatore Planetario per eccellenza. (E, permettetemi la nota amara: l'americanizzazione della cultura, anche accademica, europea, è una brillante evidenza di questo imbarbarimento.)

Andrea Zhok

GUERRA "GIUSTA" ALL''IRAN?

 La retorica utilizzata dai giornali e dai politicanti nei confronti della Russia, già traballante dagli inizi, crolla definitivamente in Iran. Le lezioni sul diritto internazionale, le storielle sulla violazione della “sovranità” degli Stati, le definizioni di genocidio applicate a piacimento, le accuse alla Russia di “minaccia all’umanità” (e quindi la necessità di nuove sanzioni) per un drone volato troppo vicino ad una centrale nucleare, risultano ancora più assurde di fronte al silenzio o addirittura alle giustificazioni di pesanti bombardamenti mirati su siti nucleari condotti in nome della democrazia.

Coloro che impunemente usarono la bomba atomica facendo strage di civili oggi decidono chi può possedere questo tipo di armi e chi no, dimostrando teatralmente che in questo pianeta a valere non sono le regole stabilite dall’ONU, da trattati o convenzioni, quanto chi ha la bomba più “lunga”.

I focolai della guerra per l’esportazione della “democrazia” sono sempre più numerosi e ciò può essere estremamente pericoloso anche per noi, soprattutto se considerato l’approccio passivo del nostro Paese all’interno di questo scenario e l’intenzione di rimanere inginocchiati di fronte alla bandiera a stelle e strisce. Gli eventi in Medio Oriente, così come il conflitto in Ucraina, sono collegati in modo diretto anche con l’Italia. In questi giorni vengono registrate intense attività presso la base americana di Aviano, che torna di nuovo ad essere il baricentro delle rotte operative Usa in relazione alle manovre in supporto ad Israele. Allo stesso modo l’hub dell’aviazione USA di Sigonella, in Sicilia, dopo aver ricoperto per anni un ruolo di primo piano nelle operazioni di spionaggio delle coste della Crimea e del Mar Nero in favore di Kiev, oggi viene impiegato costantemente per le missioni dei velivoli spia americani Boeing P-8 “Poseidon” nello spazio aereo prossimo ad Israele, Libano e alla Striscia di Gaza.

Queste basi USA - e le numerose altre presenti in Italia - possono essere considerate un obiettivo legittimo da attaccare? Può l’Italia essere considerata complice? Quali norme internazionali (che valgano per tutti) valgono oggi?

✍️ RangeloniNews

martedì 17 giugno 2025

IO VIVO IN UN QUARTIERE EBRAICO

 Sapevate che a Milano c’è un quartiere ebraico? Io no, onestamente, e non mi sono mai reso conto che fosse proprio la zona in cui vivevo io!

Ma andiamo con calma: una mattina, a scuola, mentre parlavo con i ragazzi, è venuto fuori, non so come, che io abitavo nei pressi di piazza Bande Nere, e subito un ragazzo è uscito dicendo: “Ma quello è il quartiere ebraico!”. Io gli obietto: “Come fai a dirlo? E’ vero che nei pressi c’è una scuola ebraica, ma se è per questo c’è una scuola araba dietro piazzale Segesta e una grande e moderna scuola francese, il liceo Stendhal, e nessuno si sogna di chiamare questo il quartiere arabo o il quartiere francese!”

La risposta è disarmante: “prof., ma c’è su Google!”

Eh già, lo dice il “Vangelo” dei nostri tempi, e come ci si può permettere di obiettare qualcosa? I ragazzi mi guardano un po’ straniti, come se vedessero un uomo del neolitico, e a nulla valgono le mie osservazioni, basate peraltro sulla mia esperienza di oltre sessant’anni: quello è il quartiere ebraico senza “se” e senza “ma”, perché lo dice Google, la massima autorità in ogni campo del sapere, i cui dettami sono incontrovertibili e non possono essere in alcun modo messi in discussione dai miseri esseri umani.

Cerco vanamente di trovare una giustificazione a tale assunto, che mi sembra totalmente fuori dalla realtà: si, è vero, per un certo periodo ho avuto una vicina ebrea, nell’appartamento di fianco al mio. Si chiamava Sandra Cohen e aveva un figlio, Asher (il nome l’ho imparato bene perché veniva scandito a voce alta dalla madre, la quale lo rimproverava spesso per la sua indolenza). Però erano rimasti solo alcuni anni e al loro posto erano venute delle ragazze meridionali. Nella mia zona, e in particolare nel mio palazzo, non mi pare che ci siano ebrei.

Rifletto un momento: ah sì, c’è una palestra di Krav Maga, il metodo di autodifesa israeliana, nello scantinato, peraltro completamente rifatto ed adattato allo scopo. Ma quanti saranno gli ebrei che frequentano la palestra? Credo che la quasi totalità siano italiani: forse solo il gestore della palestra, Davide Bublil, è ebreo, ma gli altri mi risulta siano italiani. Non so, posso sbagliarmi, ma una tale presenza di ebrei nella zona che giustifichi la dizione di “quartiere ebraico” mi sembra francamente esagerata. 

Allora, perché Google stabilisce che questo sia il “quartiere ebraico” di Milano? Non è per il numero di abitanti, in quanto gli egiziani, i marocchini e soprattutto i francesi sono molti di più … e quindi quale potrebbe essere il motivo?

Forse il diverso valore che viene dato all’appartenenza ad una determinata etnìa? Perché gli ebrei, anche se pochi (o addirittura pochissimi) sono considerati molto più “importanti” degli altri gruppi sociali?

Forse perché Google è gestita da ebrei o filo-ebrei, che controllano i massimi sistemi di comunicazione mondiali?

Gli ebrei sanno che il controllo dell’informazione è la chiave per il mantenimento del potere: non credo sia un caso che siano stati uccisi 250 giornalisti palestinesi, a Gaza, né che sia stata distrutta la sede di un’agenzia d’informazione libera iraniana.

Ah, dimenticavo: io sono ebreo per un ottavo, in quanto ho un bisnonno da parte di madre, che si chiamava Raffaele Padovani. (spesso gli ebrei in Italia hanno i nomi delle città). Il mio lontano parente si convertì al cattolicesimo e sposò la mia bisnonna. 

Per un certo periodo ho utilizzato un indirizzo di posta elettronica con questo nome e ho notato che mi aprivano immediatamente tutte le porte e mi veniva esaudita qualunque richiesta. Sarà un caso?

SILENZIO A GAZA

 


Immagine satellitare di Gaza - 2 giugno 2025 - dalla quale si vede che il 90% degli edifici è stato distrutto

M𝘦𝘴𝘴𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝙀𝙯𝙯𝙞𝙙𝙚𝙚𝙣 𝙎𝙝𝙚𝙝𝙖𝙗, 𝘨𝘪𝘰𝘷𝘢𝘯𝘦 𝘮𝘦𝘥𝘪𝘤𝘰 𝘥𝘪 𝘎𝘢𝘻𝘢 𝘦 𝘴𝘤𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘳𝘦, 𝘤𝘩𝘦 𝘩𝘢 𝘢𝘧𝘧𝘪𝘥𝘢𝘵𝘰 𝘢 𝘵𝘸𝘪𝘵𝘵𝘦𝘳 (@ezzingaza). 


"Non c’è internet, nessun segnale, nessun suono. Nessun mondo fuori da questa gabbia.

Ho camminato 30 minuti tra le macerie e la polvere. Non in cerca di una fuga, ma per un frammento di segnale, giusto per sussurrare: “Siamo ancora vivi”.

Non perché qualcuno stia ascoltando, ma perché morire inascoltati è la morte finale.

Gaza è in silenzio ora. Non per pace, ma per annientamento. Non un silenzio di quiete, ma di soffocamento. Hanno tranciato l’ultimo cavo. Nessun messaggio esce, nessuna immagine entra. Anche il lutto è stato vietato. Ho sorpassato cadaveri di edifici, di case, di uomini. Qualcuno respirava, qualcuno no.

Tutti cancellati dalla stessa mano che ha cancellato le nostre voci. Questo non è semplicemente un assedio di bombe, è un assedio della memoria. Una guerra contro la nostra capacità di dire “Siamo qui”. 

I bombardamenti non si sono mai fermati, soprattutto a Jabalia. Hanno bombardato le strade dove i bambini supplicavano per del cibo. Hanno bombardato le file dove le mamme aspettavano la farina. Hanno bombardato la fame stessa. Niente cibo. Niente acqua. Niente via di fuga. E quelli che ci provano, quelli che raggiungono gli aiuti, vengono abbattuti. La gente muore qui, e nessuno lo sa. Non perché le uccisioni si sono fermate, ma perché l’uccisione della connessione ha avuto successo.Internet era il nostro ultimo respiro. Non era un lusso, era l’ultima prova della nostra umanità. E ora è andata. E nel buio, massacrano senza conseguenze. 

Ho trovato questo tenue segnale con la eSIM come un uomo morente trova un bagliore di luce. 

Sto sotto questo cielo spezzato, rischiando la morte non per salvarmi, ma per mandare questo messaggio. Un singolo messaggio, un’ultima resistenza. Se state leggendo questo, ricordatelo: Abbiamo camminato in mezzo al fuoco per dirlo. Non siamo stati in silenzio. Non siamo stati silenziati. E quando la connessione sarà ristabilita, la verità sanguinerà attraverso i cavi, e il mondo saprà quello che ha deciso di non vedere..."

sabato 14 giugno 2025

ISRAELE E L'IRAN

 Nella notte tra il 12 e 13 giugno 3035 Israele ha sferrato un pesante attacco terroristico contro l’Iran, colpendo postazioni nucleari. Tale decisone non sembra giustificata da attacchi subiti da Teheran, ma dettata da una preoccupazione difensiva riguardo al nucleare della Repubblica islamica.

Sembra che tale attacco sia stato favorito anche da un ingente rifornimento di armi da parte degli Stati Uniti qualche giorno prima, tra cui c’erano circa 300 missili Hellfire. L’amministrazione Trump fa il doppio gioco: si serve di Israele contro l’Iran, come dell’Ucraina contro la Russia: fa la guerra per procura, come hanno sempre fatto i figli dello zio Sam.

Stavolta però la risposta di Teheran è stata immediata e fortissima, anche perché lo Stato islamico è stato rifornito abbondantemente di armi da Russia e Cina.: tre ondate di attacchi missilistici iraniani che hanno devastato Tel Aviv, Haifa, perfino il centro di comando di Kyria, dove c’era tutto lo stato maggiore politico e militare israeliano. Il sistema di difesa Iron Drome non ha intercettato un bel nulla. L’Iran afferma di aver abbattuto tre caccia F35 israeliani.

Nel frattempo continuano i bombardamenti dello Yemen (gli Houthi) sull’aeroporto di Tel Aviv.

Volete sapere cosa ha fatto il governo Netaniahu, subito prima della risposta iraniana? E’ salito su un aereo ed è scappato in Grecia e non risulta essere ancora ritornato in patria.

Mica scemi i ragazzi!

venerdì 6 giugno 2025

POTETE ESERCITARE LA DEMOCRAZIA UNA VOLTA FUORI DI QUA


 Con questa frase lapidaria la preside del Curie/Sraffa, Raffaella D’Amore, ha risposto agli studenti che chiedevano. “Perché non posso entrare? E’ democrazia poter andare a scuola”. La risposta è stata: “Potete esercitare la democrazia fuori dalla scuola”. Il che significa che all’interno dell’Istituzione si ritiene legittimo l’uso della costrizione e della forza anche calpestando i diritti delle persone. Siamo all’assurdo: studenti che vogliono esercitare il loro diritto allo studio vengono tenuti fuori dal dirigente scolastico. E il dirigente scolastico afferma che non si può esercitare la democrazia all'interno dell'Istituzione pubblica.

Ma veniamo ai fatti: verso le 08.04 (alcuni sostengono alle 08.05) la preside in persona si è messa davanti al cancello principale della scuola per impedire l’ingresso dei ritardatari. Risultato: quasi metà degli studenti è rimasta fuori dalla scuola e ha stazionato nella piazzetta antistante l’Istituto. Gli studenti ritardatari non sono potuti entrare neanche alla seconda ora, in quanto la preside ha sostenuto che era passata una circolare che vietava l’ingresso degli studenti ritardatari alla seconda ora per l’ultimo giorno di scuola. Gli studenti mi hanno osservato, in seguito, che non avevano visto alcuna circolare al riguardo, bensì solo una circolare che stabiliva la sistemazione delle classi. Forse sarà girata in mattinata, ma al momento dell’entrata nessuno ne era a conoscenza.

In ogni caso questa rigidità all’ultimo giorno di scuola non ha molto senso, perché durante l’anno si chiude un occhio se qualche studente fa un minuto o due di ritardo e quindi non si capisce il motivo di tale implacabile severità proprio alla fine dell’anno scolastico. Alcuni studenti riferiscono addirittura che gli è stato chiuso il cancello in faccia, senza tante cerimonie, allo scoccare delle 08.05. Inoltre anche l’ingresso da via Rossellini è stato chiuso, sempre sostenendo che era passata una fantomatica circolare (che nessuno ha visto) che vietava l’ingresso alla seconda ora.

Ma non è finita qui: la preside ha sequestrato le bevande e gli alimenti che gli studenti avrebbero voluto utilizzare per festeggiare l’ultimo giorno, li ha fatti lasciare sulla scalinata di via Rossellini e poi in seguito li ha fatti portare via.

Per inciso la preside ha fatto chiamare due volanti dei carabinieri, per questi pericolosi terroristi che volevano brindare e mangiare gridando “E’ finita!”.

E questa è solo la prima parte di una mattinata molto intensa per la preside e per le forze dell’ordine. Infatti il resto degli studenti sono usciti verso le 10.40, in quanto quasi sempre si concede la “lectio brevis”, e si sono fermati nel “piazzale della cooperazione”, che è il nome della piazzetta davanti all’Istituto. Nome che si è rivelato alquanto ironico, perché di cooperazione non ce n’è stata molta. Gli studenti hanno fatto esplodere due o tre petardi e hanno lanciato tre fumogeni (questi sono i numeri che hanno dichiarato gli studenti) al che gli abitanti del palazzo che dà sulla piazzetta hanno chiamato i carabinieri e sono arrivate 4 (quattro) volanti. Gli addetti alle forze dell’ordine hanno cominciato a dare multe ai ragazzi in moto e in macchina (bisogna considerare che molti sono già maggiorenni, quelli di quinta ma anche molti di quarta). Alcuni sostengono che le multe fossero di 70 euro (“manco avessero fatto una rapina”), altri di 30 euro, per “guida sul parcheggio/marciapiede).

Il primo commento che mi viene da fare, come insegnante adesso in pensione che però ha avuto molti di questi ragazzi come suoi studenti, è che non mi sembra questo il metodo. Non trovo che la repressione a tutti i costi sia l’unica modalità di “risolvere” i problemi della scuola. Probabilmente la preside era preoccupata dall’eventualità dello scoppio di petardi all’interno dell’Istituto, di cui lei è responsabile. E molto probabilmente stavolta non è riuscita a proporre qualcosa di alternativo, come una festa all’interno della scuola, uno spettacolo o qualcosa del genere. Ciò anche perché non deve aver avuto il sostegno degli insegnanti.

La posizione dei docenti è abbastanza diversa: molto meno “di scontro” con gli studenti e molto più incline alla compartecipazione. Alcuni di loro, infatti, che sono usciti, ad un certo punto, per cercare di far sì che gli studenti ritardatari potessero essere ammessi nelle loro classi, ma sono stati brutalmente ricacciati indietro dalle urla della preside.

Insomma, manca la democrazia ma anche un minimo di “savoir faire” nella conduzione del Marie Curie/Piero Sraffa.

GIUBILEO DEI GIOVANI 2025 A TOR VERGATA

  Sono a casa, sabato 2 agosto, perché mi devo riprendere dall’impegnativa “Turandot” che abbiamo cantato a Bra’ il giorno prima. Essendo to...